Avvertenza

Mi sono reso conto che diversi post sono legati a un brano musicale di Youtube che contengono e sono assolutamente incomprensibili senza quel video. Se l'account di chi ha pubblicato quel brano viene cancellato, il video sparisce. Non ho nessuna voglia di mettermi a ripercorrere tutto per vedere se questo è successo, ma se vi imbattete in un post che fa riferimento a un brano che manca, mi fareste un piacere segnalandomelo. Thanks.

domenica 25 dicembre 2011

Black Christmas

Giornata freddissima e serena, qualche giorno prima di Natale. Il centro brulica di gente, tutti in preda alla solita frenesia. L'autobus è affollatissimo. Alla fermata, una ragazza di colore con un bimbo nel passeggino e un altro poco più grande per mano. L'autobus ferma e lei si trova davanti alla porta destinata alla discesa. Dopo la fiumana di gente che scende, sale lo stesso, o meglio ci prova. Con una mano deve far salire il passeggino e con l'altra tenere l'altro bimbo. La manovra è complicata e il tempo passa. La gente inizia a spazientirsi. Finalmente riesce a salire, il bimbo più grande vuole essere preso in braccio.
Comincia una litania di commenti a mezza bocca, qualcuno in dialetto, qualcuno a voce un pò più alta per farsi sentire, qualcuno col vicino. "Certo, adesso comandano loro" " Vengono qui e si credono di fare quello che vogliono" "Eh, salire dalla porta giusta come fanno tutti era troppo difficile" Qualcun altro, imbarazzato, per timore o quieto vivere, abbassa gli occhi. La ragazza percepisce l'ostilità nei suoi confronti e assume una espressione tra il triste e la ricerca di scuse. Nessuno si sposta e lei rimane in bilico sui gradini proprio davanti alla porta. Soltanto una vecchietta cicciottella e malferma sulle gambe, con una buffa cuffia in testa, dice "Ma non vedete che non sa come fare !?" e si fa da parte invitando la ragazza a passare.

Sono seduto al tavolo di una cucina con un caffè davanti, e ascolto la vecchietta che mi racconta questo fatto. E' ancora indignata, le trema la voce dalla rabbia mentre parla. La guardo con un sorriso e le dico "Dai, mà, non prendertela così". E invece penso che fa bene a prendersela. Penso che nella vita ci sono cose che ti capitano alla nascita e che non puoi sceglierti, e una di queste sono i genitori. E penso che io ho avuto davvero un gran culo. 
E penso ai bravi cittadini di quel bus. Che ieri sera, e oggi a mezzogiorno, avranno affollato le chiese. In prima fila, compunti, senza sbagliare una risposta, cantando tutti gli inni. Pronti a festeggiare il compleanno di un bambinello di duemila anni fa, ma non a farne passare uno di oggi. Io ho un senso del Natale più o meno come quello di Ahmadinejad e non posso dare lezioni di religiosità a nessuno, questo è poco ma sicuro. Ma ancora, so riconoscere quando è il momento di dire mavaffanculo. 

giovedì 1 dicembre 2011

Eppure la vita è tua

Per compiere l’ultima scelta della SUA vita, Lucio Magri è dovuto andare in esilio. In Italia, infatti, nessuno è padrone della propria vita, su di essa non puoi decidere tu, decide il cardinal Bagnasco. In Italia per chi assiste qualcuno nel suicidio ci sono 12 anni di galera. 15 per “omicidio di consenziente”, una contraddizione in termini, l’omicidio è sempre di qualcuno che non ha nessuna intenzione di morire.

Eppure la tua vita è TUA, se per te ha cessato di essere vita ed è divenuta solo inferno e tortura, il diritto a chiuderla nel modo che ritieni più sereno, eventualmente facendoti aiutare, è insito nel tuo diritto alla vita e alla libertà, che sono inscindibili.

Lucio Magri è dovuto andare in esilio, come Mario Monicelli è stato costretto a gettarsi da una finestra del quinto piano. Una morte senza ulteriore angoscia e dolore non è contemplata dal nostro Stato clericale, dal partito dei torturatori in tonaca e dei baciapile di establishment. Che ogni maledizione sia con loro.

(Paolo Flores D'Arcais, 29.11.2011)

sabato 19 novembre 2011

domenica 13 novembre 2011

Put Me Back In The Crowd



" E' come se la voce di Waits fosse stata immersa in un tino di whiskey, poi appesa in un affumicatoio per qualche mese e infine portata fuori e investita con una macchina."

lunedì 31 ottobre 2011

Highway to hell

La strada è stretta. Poco più di una carraia, asfaltata, allargata nel tempo, ma resta una strada di campagna. Non c’è nemmeno la linea di mezzeria, solo ai bordi. Per sfuggire al traffico della statale ci si butta sempre più gente, è sempre più affollata. Di lato c’è un fosso che poi diventa canale, dalla parte opposta case affacciate direttamente sulla strada. Ogni volta che incroci un’altra auto non sai se arriverai a casa con lo specchietto retrovisore. Procedo a velocità di crociera e tu mi piombi alle spalle. Hai una familiare chiara, ma secondo me dentro sei una testa di suv. Già la gente che mi si incolla al paraurti mi innervosisce su strade normali, figuriamoci qui. Vuoi passare, vero ? Ti sei già sporto due volte per vedere se ce la fai. Io non ho fretta, mantengo il mio passo tranquillo.
A un certo punto, pian piano, inizio a rallentare. Scambi il mio decelerare per un invito, per un lasciarti strada. Beh, non lo è. C’è una cosa che tu non sai. Faccio questa strada molto spesso, la conosco bene. Tra cinquanta metri c’è un dissuasore di velocità mostruoso. Sarà alto venticinque centimetri e ha quasi gli spigoli. Io ci passo sempre a passo d’uomo. Tu ci stai arrivando a novanta all’ora, direi. Mentre continuo a rallentare per affrontare il mostro, vedo le tue luci rosse, ma è tardi per frenare. Complimenti, davvero. Era da tempo che non vedevo un’auto staccarsi da terra con tutte e quattro le ruote.
A riportarti sulla terra, credo che sarà il conto del meccanico.

mercoledì 5 ottobre 2011

Va bè se proprio te lo devo dire

Il fatto è recente. Nonciclopedia, sito satirico, si autosospende perché Vasco Rossi si è sentito dileggiato e ha minacciato azioni legali. Va bè, Vasco, se proprio te lo devo dire te lo dico. Qui oltre al fegato c’è spappolato dell’altro. Vogliamo dire che sono almeno dieci anni che fai delle canzoni lassative ? E tanto per fare un esempio, e devo dirtelo ad ogni costo, se c’era una cosa di cui non si sentiva davvero il bisogno, insieme all’ennesima legge salvaberlusconi, era una cover di merda di Creep. Io spero che come minimo adesso la Combriccola del Blasco ti prenda a calci in culo dal bosco a Zocca e ritorno. E che Toffee non ti passi l’asciugamano bianco, lo lasci sul divano, se ne sbatta se hai freddo e ti faccia venire una sciolta leggendaria. E che Albachiara si incazzi come una bestia perché la stai a guardare mentre si sfiora nella sua stanza ( tutto il mondo fuori e solo tu a rompere i coglioni, ma dai ) e se ti incontra mentre cammina per strada con la faccia pulita ti tiri in fronte la mela e anche i libri di scuola. E soprattutto spero che tu un giorno abbia l’occasione di farti la Monica Bellucci e che in quel momento arrivi Alfredo e ti sfracelli le palle con una pezza infinita di discorsi seri e inopportuni e per colpa d’Alfredo lei se ne vada con Clarence Seedorf. E mi auguro che i Radiohead non si bevano la scusa che è colpa del whisky ma Thom Yorke ti ci mandi solennemente.

Minchia, Vasco. Su Nonciclopedia lo avevano massacrato.
Hai meno sense of humour di Gigi D'Alessio. 

domenica 25 settembre 2011

Romagna Mia 10 - Karaoke

Ogni volta è una botta a tradimento mentre scendi per iniziare una dura mattina di spiaggia. Un foglio a pennarello o una scritta sulla lavagna del menu. In duplice versione, a seconda che scriva il barista acculturato o l'altro. Stassera, o stasera, karaoke. E una fitta di dolore ti attraversa. Anche stassera, o stasera, non si dorme.
E' stas(s)era. Dopo un' Odissea di pizzeria, sala giochi, gelateria, bar, rientri e vai incontro al destino. Fa un caldo infernale, quindi di finestre chiuse non se ne parla. Sono dalla parte opposta del palazzo, ma per un misterioso gioco di correnti d'aria l'onda sonora si incanala tra strade e cortili e si schianta direttamente contro le mie finestre. Aperte, inermi, che non oppongono resistenza. Il bar sarà cinquanta metri quadrati, ma i volumi sono da rave party ed è risaputo che piadina e sangiovese devastano il cervello molto più di ecstasy o qualunque altra droga sintetica. Ok, sono pronto. Cominciamo.
Debutta una donna. Una imitatrice di Patty Pravo. Già qui ho il desiderio, anzi il "Pensiero Stupendo", di scendere e vedere se ad imitare la bionda, esile, diafana, eterea ragazza del Piper è una matrona romagnola di 88 chili, ma mi tengo la mia curiosità. Lazzi e applausi. Segue un falsettista drammatico, non trovo altro aggettivo. Giuro, non sono riuscito a capire che pezzo cantasse. Più lazzi che applausi. Tocca ad un cantante di ispirazione probabilmente confidenziale. Talmente confidenziale che sussurra più che cantare, non si sente quasi niente e devo dire che è quello che apprezzo di più. Poi, il picco, la sorpresa che è sempre in agguato. Una donna che canta quasi bene "Almeno tu nell'universo". Sono tentato di unirmi agli applausi, ma a seguirla è un devastante urlatore che canta (anche se canta in questo caso è una parola grossa) "Quella carezza della sera". Non so quando è che si definisce qualcuno stonato. Se azzecca meno del 75, del 50, del 25 per cento delle note ? Ma quando uno ne azzecca zero, cosa puoi dire ? E' la seconda volta che ho voglia di scendere, stasera, ma stavolta per andare a congratularmi con quest'uomo per il suo coraggio. Segue voce maschile con impostazione finto lirica che canta "La fisarmonica", interlocutoria, seguita da altro uomo che attacca "Barbera e champagne". Evidentemente di entrambi si è fatto ampio uso, perchè parte un coro di avventori più sbronzi degli Stones ai tempi della registrazione di Exile on Main Street.
Poi, il tracollo. Risate, urla di compiacimento, cori da stadio, urla. Si impadronisce del microfono il bagnino, tasso alcolico impresentabile, e si introduce con un delirante discorso autocelebrativo con almeno tre doppi sensi a sfondo erotico che suscitano boati di compiacimento, prima che "Romagna mia" ci sprofondi tutti nel tunnel delle ballate romagnole.
Qui, ho due alternative. O mi sfondo di quel bianco frizzante che è in frigo, scendo e mi metto a cantare Abomination Reborn, o metto sul piatto della bilancia l'ipotesi di chiudere le finestre. Una zanzara, che finisco con il quotidiano del giorno sul muro della camera, mi fornisce l'alibi che cercavo. Meglio chiudere.

sabato 3 settembre 2011

Romagna Mia 9 - Maicol & Saimon

Se si chiamassero Michele e Simone e fosse un vezzo familiare chiamarli così, passi. Anche io nella mia turbolenta infanzia sono stato chiamato con un nomignolo spagnoleggiante, ma con l’aiuto di un bravo psicologo ho superato il trauma. Se fosse solo che hanno genitori esotici che li hanno chiamati Michael e Simon, non sarebbe il massimo, a bambini italiani in Italia metti nomi italiani, ma passi anche questa. Ma perché ho il serio dubbio che queste due creature all’anagrafe siano registrate come Maicol e Saimon ? E non all’anagrafe di Liverpool o di Boston, a quella di un qualunque paesotto di provincia italiano.
Andiamo avanti. Maicol e Saimon sono una evoluzione, cosa che non credevo possibile, dell’orfanello da spiaggia. I miei venticinque lettori (Dio, quanto mi piace sentirmi manzoniano) ricorderanno che l’orfanello da spiaggia è il bambino mollato dai genitori a rompere i coglioni a tutta la spiaggia. Ecco, loro sono oltre. Sono scassacazzo col beneplacito genitoriale. Sfrantumatori di marroni autorizzati. I genitori sono presentissimi, fin troppo dato che anche loro fanno casino per dodici. Ogni tanto si danno di gomito compiaciuti alle prodezze dei figli. “Guarda, guarda Saimon che bravo !” Saimon sta maneggiando il remo del pattino ed ha già costretto due mamme con bimbi sotto l’anno ad una frettolosa evacuazione che neanche Bloomberg con l’uragano Irene a New York. “Sì sì Maicol bravissimo ma fai attenzione … ” Maicol sta lanciando palle di sabbia a suo fratello nel bel mezzo della passeggiata acquatica e ha già centrato un pensionato che ho colto lanciare maledizioni modenesi degne di un documentario di Rai5.
Alla fine, credo di stare per avere la mia vendetta. I due mostriciattoli esagerano e papà entra in acqua. Imponente, fare minaccioso, vocione stentoreo. “Maicol! Saimon! Adesso basta! Adesso basta altrimenti … “. E io dentro di me gongolo. Ipotizzo che questo rigurgito di autorità paterna preluda a cose naziste, torture indicibili, punizioni da Guantanamo. E mentre sogno i due a testa rotta come un pacifico manifestante al G8 di Genova, papà conclude la frase. “ … altrimenti vi faccio vedere io!!”. Altrimenti vi faccio vedere io ? Ma stai scherzando vero ? No, la spiaggia vuole che scorra sangue. Tu ora dettagli minuziosamente e fornisci particolari. Voglio un elenco di fratture, voglio un calendario di privazioni che includa obbligatoriamente playstation e gelati, voglio sentire che gli sfili la colonna vertebrale e ci fai il flauto traverso come al nonno di Nico di Aldo Giovanni e Giacomo.

Altrimenti, ti faccio vedere io.

lunedì 8 agosto 2011

Romagna Mia 8 - I want to be a star

Dialogo veramente avvenuto da un ombrellone all'altro.Una signora sulla settantina si rivolge ad una tra i quaranta e i cinquanta.

"Posso dirle una cosa, signora ?"
"Ma certo, dica"
"Sa che suo marito è proprio un bell'uomo?"
"Oh, la ringrazio"
"Sì sì davvero ... ora non si offenda eh, non sarà come lui, ma è proprio uguale a Parolisi."

Niente sociologia da spiaggia sulla imperante mediatizzazione di casi di cronaca e sui quindici minuti di notorietà che ognuno di noi può avere, non he ho voglia. La butto sul personale.
Ma Paul Newman, Sean Connery, Marlon Brando, Alain Delon, Al Pacino ? No, eh ?
No, Parolisi.

Però vaffanculo e cambia gli occhiali, nonna.
Non è vero che gli somiglio.

giovedì 7 luglio 2011

Soltanto parole, parole tra noi ... (2)

E’ giunto il momento di dare voce ad un’altra parola dimenticata. Già vive in una terra desolata tra “obliquo” e tutta la famiglia di “oblivione”, non può certo essere al settimo cielo. Aggiungiamo che si tratta di una parola abbastanza tecnica e quindi necessariamente un po’ trascurata e capiremo tutta la sua sofferenza. Oggi mi schiero a favore di “obliterare”. So che il significato primo e letterale è altro, ma noi possiamo aiutarla e darle un poco di vita ogni volta che prendiamo un mezzo pubblico. Certo, anche io dubito che il portoghese abituale inizierà a munirsi di biglietto per salvare una parola. Lasciamo perdere l’abbonato, è esentato dal collaborare. Ma il non abbonato cosa fa, o dovrebbe fare, ogni volta che sale su un autobus ? “Timbra” il biglietto, in genere. Qualcuno lo “bolla”. Capita che lo si “annulli”. Di fondo, lo si “paga”. Nel trionfo della genericità, si “fa” il biglietto. E "obliterare" rosica. Allora, la nostra missione per i prossimi giorni è la seguente. Ogni volta che si sale su un autobus, individuare un compagno di viaggio e fingendo di avere le mani impegnate chiedergli con un bel sorriso "Potrebbe obliterarmi il biglietto, per favore?"
Però ho un sogno segreto. Proverei immensa stima e ammirazione per qualcuno che in analoga situazione avesse il coraggio di dire " Mi perdoni, mi userebbe la cortesia di obliterarmi il titolo di viaggio? "

venerdì 3 giugno 2011

lunedì 30 maggio 2011

What A Wonderful World

Oggi mi sono recato all’ufficio postale. In sé, non è una notizia che cambierà le sorti dell’umanità. Però, sono successe cose strabilianti. Il telecomando del cancello ha funzionato al primo colpo. Quando mi sono immesso sulla provinciale, uno ha rallentato per farmi immettere nel traffico. Ho trovato da parcheggiare praticamente davanti alla porta. Non c’era nessuno in coda. L’impiegata non era al telefono. I terminali funzionavano perfettamente. La stampante non si è inceppata. La somma dei bollettini ha miracolosamente dato un importo tondo e non mi sono riempito le tasche di monetine rosse. Era una giornata di cielo terso e sole splendente, calda ma non troppo, moderatamente ventilata, con una umidità accettabile.
 
Quando sono tornato a casa, squillava il telefono. Ho risposto, e non era Uma Thurman che mi ricordava di quella seratina che avevamo in ballo.
Ci sono rimasto male. 

sabato 21 maggio 2011

Soltanto parole, parole tra noi ...

Ho deciso di lanciare una campagna di solidarietà. Sento già voci che protestano. Uffa, ancora, un’altra, che strazio. No. Niente vittime di tsunami, niente terremotati, niente rare malattie genetiche, niente animali in estinzione,  niente di tutto ciò. Sto pensando a solitudine, abbandono, disinteresse, alla tristezza del sentirsi inutili e non considerati. A lunghi anni trascorsi dimenticati tra polvere e silenzio in attesa di qualcuno che si ricordi della loro esistenza. Non vi si stringe il cuore pensando a quante parole giacciono nelle pagine dei vocabolari senza che nessuno o quasi si ricordi di loro? Io mi commuovo ogni volta. Mi capita di sfogliare le pagine solo per ritrovare certe parole, pronunciarle e farle sentire meno sole, almeno per un attimo.

Prendiamo ad esempio il derelitto “ recarsi ”.
Tutti voi, tutti noi ultimamente saremo “stati” al supermercato. Molti ci saranno “andati”. Qualcuno ci sarà “passato”, i più atletici ci avranno” fatto un salto”, i frettolosi ci avranno “fatto una scappata”, chi ha tempo da perdere ci avrà “fatto un giro”. Ma guardiamo in faccia la realtà. Chi, ultimamente, ha detto “mi reco al supermercato” ? Pochi, per non dire nessuno. Forse in qualche denuncia alle autorità si leggerà “ … il derubato si stava recando …”. E mentre andare e stare si pavoneggiano pieni di sé sulla bocca di tutti, recarsi piange sommesso negli anfratti della lettera R, solo e dimenticato tra recapito e recedere che non è che se la passino meglio. Possiamo fare qualcosa per lui, credo. Forse è poco, ma a volte basta un piccolo gesto per fare sentire una parola meno sola. Da domani, per tutta la settimana, recatevi al lavoro, recatevi all’ufficio postale, recatevi in banca. Non andateci, non passateci. Recarcisi è molto più elegante, potreste sentirvi molto trendy e chic. Non vi costa nulla e farete felice il povero recarsi. Meglio ancora, gli arrecherete gioia e felicità.
Grazie a tutti, anche da parte sua. A proposito, mi sta venendo fame.  Mi reco a cena.

martedì 10 maggio 2011

Amaro.

Primo pomeriggio. Passa il Giro, la grande kermesse, la carovana rosa, e si ferma il mondo. Maledico pigramente le due ore di quarantena da interruzione del traffico, ma non devo andare da nessuna parte e la cosa risulta indolore. Pancia piena, da programma dovrebbero passare tra poco. Scendo in strada ? Non ne ho nessuna voglia, quindi mi appollaio alla finestra. In leggero anticipo, inizia a passare qualche auto della carovana. Poi quattro ciclisti. Non riesco a capire se sono cicloamatori o un gruppetto in fuga, ma vanno decisamente forte e mi sbilancio sulla seconda ipotesi. Poi, in un lampo, tutto il resto. Inizio corsa, ambulanza, ammiraglie, polizia, ammiraglie, polizia, motociclette, la RAI. Eccoli. Tratto pianeggiante e drittissimo di statale e il gruppo è ancora compatto, tutto si riduce ad una macchia di colore variopinta composta di tanti puntini colorati che sfrecciano. C'è già qualcuno attardato. Altre ammiraglie, ambulanza, polizia, fine corsa. Tutto finito, gli addetti iniziano a spostare le transenne, ricomincia il traffico, il mondo riparte.
E' sera, accendo la tele. "Tragedia al Giro". Mi fermo e ascolto il servizio su quel che è successo. Eri in mezzo al gruppo. Ti ho visto passare, eri solo un puntino ma ti ho visto passare. Sei passato in mezzo alla mia normalità, alla mia vita quotidiana, sulle strisce pedonali che attraverso ogni giorno, vicino ai miei rifiuti differenziati, davanti alla panetteria. E non avevi la più pallida idea che lì ci fosse la mia vita, pedalavi concentrato con gli occhi sulla strada, gocce di sudore, battiti cardiaci intensi, respirazione affrettata, sulla strada che porta al mare, la stessa che feci un sacco di anni fa per andare a sentirmi dire da lei che c'era un altro. E un paio d'ore dopo che ti avevo visto per una frazione di secondo, in una frazione di secondo sei morto.
Non ti conoscevo, non so nulla di nulla di te. Ma senza scomodare i massimi sistemi e la caducità dell'umano esistere, la tua morte è una cosa che mi lascia una sensazione indefinibile. Un gusto amaro in bocca.

domenica 24 aprile 2011

Accetto il crucifige, e così sia.

Pasqua. Ancora tempo di grandi domande. Passione, sacrificio, resurrezione. Teologi, filosofi, pensatori vari ci sono scervellati sopra. Non sarò io, un umile ex-teppista di periferia più o meno evoluto, ad avere qualcosa da aggiungere. Notizie tipo la mia preferenza per la cioccolata fondente o la presenza di Rock'n'roll Nigger in Easter di Patti Smith non sono particolarmente rilevanti. La mia domanda pasquale è più terra terra, ed è la seguente. Ammesso che sia necessario avere studiato, che tipo di studi bisogna fare per intraprendere una eventuale carriera di ideatore/progettista di giochini e regali che si trovano nelle uova di pasqua ? Essere stati in ospedale psichiatrico è utile nel curriculum ? E il ricorso a droghe di sintesi nella loro ideazione è un fatto ormai assodato ? Due anni fa, mi pare di ricordare un atroce  gioco dell’oca a tema, e il fatto di aver dimenticato il tema non depone a favore della genialità dell’idea. L’anno scorso, in abbondanza di uova, un portachiavi a forma di delfino e un mostro spaziale da montare.
Quest’anno, il tripudio. Dall’uovo esce un gorilla a molla con relativo canestro e palla. Incrocio lo sguardo di mio cognato ed è questione di un attimo. Di colpo i bicchieri si spostano, la colomba cambia lato del tavolo, gli aneddoti sulle vecchie zie perdono interesse (sto mentendo, non ne hanno mai avuto e se ne avessero avuto lo hanno perso alla sedicesima volta che li sentivo). L’uovo era probabilmente per bambini fino a dieci anni e noi ne abbiamo una novantina in due, ma questo non ci ferma. Va bene, farò outing fino in fondo, non nasconderò nulla. Ho passato parte del pomeriggio di Pasqua impegnato in una accanita sfida di basketgorilla contro mio cognato tra scuotimenti di testa e sguardi incendiari di compatimento familiare.
E ho anche perso, ma lui aveva bevuto meno.

sabato 16 aprile 2011

Money makes the world go round

Agenzia delle Entrate, non si fa così. Io vi avevo creduto. Avevate detto che non volevate averle. Che vi fidavate di me. Che per semplificarmi la vita mi esoneravate dalla presentazione. E adesso venite a dirmi che ci avete ripensato. Volete dare una controllatina alle mie ricevute. Del 2007. Bontà vostra, vi accontentate di copia fotostatica. Che devo spedirvi. Altrimenti non mi confermate i dati. Me li rettificate. Come sapete minacciare burocraticamente, voi.  Io, il dichiarante, non vi dico cosa penso di questa richiesta. Nemmeno cosa ne pensa il mio commercialista, che aveva un mazzetto di letterine simili.
E nemmeno cosa potreste farci con la documentazione del rigo E1.

Ma adesso ho una curiosità da togliermi. Una domandina sola, semplice semplice. Ma voi che mi state chiedendo dopo tre anni le ricevute delle otturazioni e dei prelievi per trigliceridi, HDL, LDL, siete gli stessi che con lo scudo fiscale hanno concesso di far rientrare dall’estero tonnellate di euro spesso di dubbia provenienza pagando una sciocchezza con anonimato e non punibilità ? Sicuramente la risposta è no, e chiedo fin da ora scusa per l’incomodo e per la mia perfida malignità. Perché se per un inimmaginabile, impossibile, deprecabile caso la risposta fosse sì e voi foste gli stessi, allora non potrei esimermi da un pensiero per voi tutti, nessuno escluso, citando il mio rampollo nel post precedente.

Dal SuperVministVo dell'economia in giù, a tutti quanti.
Ma vaffanculo vaffanculone.


martedì 22 marzo 2011

Un Vaffanculo Non Fa Primavera

I primi giorni di primavera riportano alla mente ricordi sepolti. Brezze carezzevoli, i primi tepori, raggi di sole tra le nuvole. A molti verranno in mente cose romantiche come il primo bacio, il primo amore, e così via. La gente normale che ha figli probabilmente ha miriadi di ricordi, dai primi passi del pargolo alla prima parolina alla prima pappa e via rimembrando. A me, non so perché e non ho voglia di spendere soldi per farmelo dire da uno psicologo, ai primi soli torna in mente il primo vaffanculo di mio figlio.
La location è un piccolo parco giochi di paese, direi un pomeriggio di sabato. Papà, mamme, nonni, bimbi, giochi, grida, l'ordinario corredo di una bella giornata. Mi perdo in chiacchiere da nulla col papà di un altro bambino. Ad un certo punto nasce una questione di precedenza per l'uso dello scivolo, che a quattro anni è una faccenda di estrema serietà. Ai piedi della scaletta, mio figlio è costretto ad attendere il suo turno, e ci sta. Ma quando viene guardato con aria provocatoria dall'altro bimbo che ha già messo il piede sul primo gradino e volutamente non si muove, al mix di scherno e sfida qualcosa scatta in lui. Lo guarda con occhi di fuoco, gli spara un "vaffanculo" e fa per allontanarsi. Poi, dato che un semplice vaffa non gli pareva abbastanza per l'entità dell'affronto ricevuto, si ferma, torna dal rivale e rincara la dose con uno spettacolare "vaffanculo vaffanculone".
Chi non ha figli e non ha responsabilità educative non può capire cosa passa in un momento simile nella mente di un genitore. Indeciso tra l’high five e il rimprovero, sotto lo sguardo gelido della mamma dell'altro bimbo cerco di non incrociare gli occhi dell’amico con cui stavo chiacchierando. Mantenendo a fatica un livello di serietà accettabile, opto per qualcosa di politicamente corretto e lo tiro fuori tutto di un fiato mascherando una sghignazzata.

"BambiniNonDiteLeParolacceNonLitigateGiocateTuttInsieme"

E sorrido viscidissimo alla mamma dello sfanculato. 
Dentro, la miglior standing ovation mentale della mia vita.

venerdì 4 marzo 2011

E' caduta la neve


E' caduta la neve e tu non c'eri.
Mi è sembrato uno spreco di bellezza.
Un inutile gelido biancore
spogliato di magia senza di te,
soltanto inverno.

(Annalena Aranguren, remixed)

mercoledì 16 febbraio 2011

Mobilità (In)Sostenibile

Chiunque abbia la patente e guidi regolarmente non può non aver fatto questa esperienza. Vi trovate in auto su una strada qualsiasi, dove per traffico e visibilità è praticamente impossibile sorpassare. Avete davanti da tempo immemorabile un lentissimo, ingombrante, puzzolente camion, preferibilmente con rimorchio. Nelle versioni più hard di questo incubo, ha un accecante antinebbia posteriore acceso da decine di chilometri. Avete quasi perso ogni speranza quando ad un certo punto, increduli, lo vedete mettere la freccia e svoltare. Il cuore si apre, canti di gioia vi sgorgano dal petto, un sorriso vi illumina e il piede schiaccia l’acceleratore. Ma a qualche centinaia di metri c’è un incrocio, e lo vedete in distanza, inesorabile e spietato, che si avvicina. E’ un altro camion, gemello al precedente per stazza e velocità, e si immette nel traffico immediatamente davanti a voi.

La domanda è sempre quella. Perché ?

C’è chi crede nel caso, e si rassegna. Chi, fatalista, ritiene sia destino. Qualcuno pensa che sia una punizione per i peccati commessi e passa in rassegna i propri comportamenti. L’ottimista che ha visto Sliding Doors pensa che grazie a quel rallentamento la sua vita subirà modifiche fondamentali. Il pessimista anche, ma le modifiche sono molto diverse. Il credente pensa che sia un intervento divino per non tentarci con le alte velocità e salvaguardarci da incidenti, l'ateo trova conferma dell'inesistenza di Dio, il satanista trova conferma dell'esistenza del Demonio (maiuscoli, per par condicio). Il masochista ha orgasmi multipli e il sadico fantastica di riciclarsi camionista. Il filosofo rivede le sue teorie sul caos respirando gasolio. L’automobilista di sinistra, consapevole che la rimonta della sinistra sarà più lenta di quel TIR, inizia a fischiettare l’Internazionale e si accoda a pugno chiuso pensando solidale al compagno camionista alla guida. L’automobilista di destra tenta il sorpasso alla cieca con gestaccio al camionista e questo fa sì che molti platani lungo le statali siano cosparsi di rottami di SUV e le aree di servizio di denti e frammenti di mandibole di automobilisti di destra. Il camionista è con ogni probabilità un extracomunitario stravolto che guida da diciassette ore consecutive, in tre giorni deve scaricare a Bucarest e a Oslo e non accosterebbe per fare strada nemmeno se gli apparisse Madre Teresa di Calcutta in guepiere.
Ho elaborato una mia teoria sul fenomeno dell’OTR (Onnipresenza del Tir Lento). Il mondo ha bisogno di un certo tasso di stupida cattiveria. Le cose come le guerre, bruciare senzatetto per gioco, i sindaci leghisti, le dichiarazioni di Gasparri e gli atteggiamenti di la Russa, le violenze di gruppo, i combattimenti di cani, i lager, i comizi di Borghezio, i bambini soldato, leggere Il Giornale (maiuscolo, è una specifica) e così via servono a fornire cattiveria su larga scala. Ma per la quotidianità esiste una organizzazione, coordinata da qualcuno di demoniaca malvagità, che ha messo in orbita attorno al globo una rete di satelliti collegati con una flotta di TIR dislocati per tutto il pianeta in attesa nei punti strategici. Ogni satellite è dotato di sensori raffinatissimi, tarati per rilevare con estrema precisione nelle onde cerebrali il tasso di incazzatura globale degli automobilisti, che ovviamente rimane altissimo finché c’è coda dietro il TIR. Non appena il TIR svolta e l’incazzatura scende vertiginosamente a picco, il satellite rileva immediatamente il calo e in tempo reale invia un impulso al camion più vicino che nel giro di pochi minuti è in grado di mettersi di nuovo davanti a voi e ripristinare un accettabile tasso di cattiveria nella fila che si crea.

Se avete altre spiegazioni, vi ascolto.

lunedì 17 gennaio 2011

Escort

In questi tempi si fa un gran parlare di escort. Da bravo curioso, ho cercato per un attimo di immedesimarmi. Sì, lo so che avere barba e baffi, un sacco di cicatrici da sport vari e essere un tantino sovrappeso non è un buon inizio per mettersi nei panni di una escort e che con un tubino addosso sarei orrendo. Ma non è di questo che stiamo parlando. Non essendo un frequentatore della categoria potrei sbagliarmi, ma mi pare di capire che la escort sia una signorina giovane, graziosa e disinibita che, dietro compenso, esce con uomini facoltosi intrattenendoli a cena, in un weekend, in vacanza. Pare sia possibile, dietro adeguamento del compenso, che l’intrattenimento vada oltre cene, chiacchiere e serate danzanti assumendo anche risvolti più erotici. Non mi metterò ora a fare morale, non sono proprio il tipo. Non so se siamo ai limiti della prostituzione e del suo sfruttamento, se questo configura ipotesi di reato o quant’altro. Se siamo tra adulti consenzienti e ognuno fa liberamente quel che gli pare, anche pagando se crede, io non ho nulla da obiettare. La grana è di chi compra e la merce in offerta è di chi la mette in vendita, quindi trattasi di transazione commerciale, di un incontro tra domanda e offerta che sarà il mercato a giudicare.


Mentre mi perdevo in questi ragionamenti d’alto livello, credo di essermi addormentato davanti alla tele accesa. Ho avuto una allucinazione terribile. Stavo facendo il solito zapping compulsivo e mi imbatto in una trasmissione che stava a metà tra Annozero con Travaglio sotto l’effetto di droghe sintetiche e il Tg1 con ospite la Santanchè come persona informata sui fatti, che moderata come sempre incitava a linciare qualcuno. Ad un certo punto, parte un servizio. C’è in anteprima l’intervista a una escort coinvolta in uno scandalo politico, ritrovata seminuda in stato confusionale in una via del centro di Roma. Per la crudezza, l’abiezione, l’efferatezza degli argomenti proposti, il conduttore ne consiglia la visione a un pubblico adulto. Compare una ragazza seduta di spalle, incappucciata, che inizia a parlare con voce distorta.

“ … è stato terribile. Sono giovane ma faccio la escort da tempo, ho una mia etica. So quando è il momento di aprire la bocca e quando il momento di tenerla chiusa. Sono una professionista, vengo alla festa e il cliente mi paga. Se scelgo di rimanere per la notte, so che mi pagherà di più. Ho avuto clienti con le richieste più strane. Clienti che volevano frustarmi, clienti che mi hanno chiesto di sculacciarli vestiti da scolaretti e volevano chiamarmi Signora Maestra, clienti che mi hanno ricoperta di panna montata e mousse al cioccolato e mi chiamavano pasticcino. Un industriale voleva violentarmi mentre avvitavo bulloni vestita da metalmeccanica, e dovevo votare una scheda per scegliere la posizione. Travestimenti da suora, da velina, da infermiera, da ufficialessa nazista, da ministro. Orge, rapporti multipli, incontri lesbici. Ne ho viste di ogni genere ma stavolta l’intermediario che mi ha assoldata non mi aveva detto tutta la verità, e non parlo solo dell’età del cliente che si credeva un ragazzino. Cazzo, io a ventitrè anni posso anche avere il fegato di andare a letto con qualcuno che ne ha una cinquantina di più, se paga. Mi piacciono i soldi e mi piacciono molto, questo non è un problema. Eravamo una decina e siamo arrivate in questo palazzo elegante in centro, pieno di polizia e bodyguard che hanno fatto finta di non vederci. Dopo un aperitivo la cena è scorsa via tranquilla, anche se le canzoni erano una palla e le barzellette erano uno strazio. Pazienza, il cliente era convinto di essere divertentissimo, un grande seduttore e un grande cantante, e il cliente ha sempre ragione. Dopo cena abbiamo ballato un po’ con le altre ragazze toccandoci e strusciandoci, è una cosa che facciamo sempre, ai clienti piace. Quando il padrone di casa ha detto “Vi faccio vedere qualcosa di straordinario”, ero tranquilla. “ Sarà il solito porno preparatorio per scaldare l’atmosfera”, mi sono detta. Mette il DVD nel lettore e parte un suo incontro con uno importante, un presidente di non so che nazione. Ho cominciato a capire che qualcosa non andava in quel palazzo, a sentirmi nervosa. Posso accettare un sadomaso soft, se al cliente piace, eppure avevo bruttissime sensazioni. Ma quando ha messo il secondo DVD e si è avvicinato eccitatissimo con un sorriso osceno mentre alla tele compariva un congresso di gente su sfondo azzurro che applaudiva cantando una canzoncina di gioia perché un certo Silvio c’è, ho iniziato ad avere davvero paura e sono scappata urlando. Sono una ragazza in vendita, ho un prezzo, ma tutto ha un limite. Le altre ragazze sono rimaste impietrite davanti al video, non ho potuto salvarle da quell’orrore, non potuto portarle con me, non ho potuto …”
La giovane inizia a tremare, scoppia in lacrime e l’intervista termina.

martedì 11 gennaio 2011

Pallone d'oro

Quest’anno ho detto no. Dopo lunga e onorata carriera, ho detto no alla chiamata per la stagione di calcetto. Dopo anni e anni nei quali una volta alla settimana, con la stessa puntualità di una cartella esattoriale, sono sceso in campo con una decina di squinternati pari miei, ho detto no. Niente da fare, la biologia e l'anagrafe mi remano contro. E per di più ho anche definitivamente sfasciato le gloriose scarpette. Però non è stato facile dare una risposta alla Grande Domanda. Quando è che un ultraquarantenne deve decidersi ad un dignitoso ritiro ? Ho provato a convincermi con alcuni validi motivi che di seguito vado ad elencare. Si giocava in dieci, ne ho ipotizzati dieci. Ma se ne avete altri aiutatemi pure.

Io dico che sarebbe ora di smetterla quando...

... quando le squadre si fanno non più per simpatia, affinità, amicizia, ma a peso
... quando passi le notti sveglio ad ascoltare le tue articolazioni intonare dei blues lamentosissimi
... quando l'unica prestazione degna di nota della serata è la quantità di birra post-partita che hai tracannato
... quando cominci a chiederti seriamente se in palestra hanno il defibrillatore
... quando esulti per una giocata pensando "ho fatto una cosa alla Platini" e poi realizzi che lui ha già smesso da un botto d'anni e ora fa il presidente UEFA, mentre tu sei lì ancora a sgambettare in mutande come un pirla
... quando il saluto delle mogli al ritorno a casa non è più un caldo "bentornato, caro", ma un gelido "dove ti sei fatto male stavolta, cretino?"
... quando continui a litigare col pallone e lui non ne ha colpa, è che non vi date più del tu
... quando ti rendi conto che con tutti i pezzetti di pelle, ossicini, muscoli, cartilagini ecc. che negli anni avete lasciato sul campo avreste potuto assemblare almeno due nuovi giocatori
... quando tra la palestra e la birreria diventa abituale una tappa al pronto soccorso e saluti cordialmente come vecchie amiche le infermiere all'accettazione
... quando l'innocenza dei figli gli fa chiedere quando tornate "papà, perchè quando vai a giocare torni sempre a casa zoppo?"

Vi prego, aiutatemi a resistere. Sto per cedere. E se ricompro le scarpette, è finita. Le uso una volta alla settimana, potrebbero anche durare altri dieci anni. Non smetto più.

domenica 9 gennaio 2011

Time After Time

Gli anni 50 sono stati gli anni del dopoguerra, della ricostruzione, del boom, del miracolo italiano.
Gli anni 60 sono stati anni di immaginazione e libertà, fantasia e figli dei fiori, love and peace.
Gli anni 70 sono stati anni di piombo, di terrorismo, di morti, di bombe, di stragi, di sangue.
Gli anni 80 sono stati anni di rampantismo, di yuppismo, di frivolezza e lusso e moda e ostentazione.
Gli anni 90 sono stati anni di merda, diciamolo pure.
Nel primo decennio del 2000, perfino la merda si è fermamente dissociata e ha preso le distanze.
Buon 2011 a tutti, anche a Paolo Rossi che ho citato scopiazzando e riadattando.