Avvertenza

Mi sono reso conto che diversi post sono legati a un brano musicale di Youtube che contengono e sono assolutamente incomprensibili senza quel video. Se l'account di chi ha pubblicato quel brano viene cancellato, il video sparisce. Non ho nessuna voglia di mettermi a ripercorrere tutto per vedere se questo è successo, ma se vi imbattete in un post che fa riferimento a un brano che manca, mi fareste un piacere segnalandomelo. Thanks.

sabato 24 novembre 2012

Girls On Film

L’appetito vien mangiando, dicono. Era andata bene con le riviste, perché non proseguire con l’escalation. Dopo non tanto tempo chiuse, lo sventrarono e ora ci sono miniappartamenti e uffici, credo, ma allora c’era un cinema. Programmazione varia, un po’ di tutto. Il primo vietato ai minori di quattordici lo vedemmo lì, anche se forse ne avevo ancora tredici. C’era mezza scuola quel sabato pomeriggio a vedere Quaranta gradi all’ombra del lenzuolo. A proposito, meglio tardi che mai, grazie di cuore a Barbara e Edwige e a tutte le altre. Ma il soft non bastava più, non bastavano docce e strip. E nel frattempo la programmazione del cinema virava sempre più verso l’hard, già era diventato un rito allungare il ritorno da scuola per andare a guardare i cartelloni esposti. Un pomeriggio d’autunno, di quelli quando fa buio in pratica subito dopo mangiato, ormoni galoppanti e film in programmazione si mescolano in un cocktail micidiale. Qualcosa che aveva a che fare con carceri e piacere e detenute, vietato ai minori di diciotto anni. Partiamo. Dieci minuti a piedi da casa e siamo davanti al cinema, con adrenalina e pulsazioni in ascesa verticale. Già l’ingresso è spassoso, in fila, sembriamo dieci piccoli indiani anche se siamo cinque. Chi capeggia la fila e dovrà andare a chiedere i biglietti è inutile che ve lo dica, credo. Mi impettisco, cerco di sembrare il più alto possibile e di parlare con la voce più bassa possibile, mi dirigo alla biglietteria e con fare disinvolto chiedo cinque biglietti per la galleria. Dentro la biglietteria ci sono due tipi e uno dei due mi chiede quanti anni ho e se ho un documento. Io non solo non avevo frequentato molto il catechismo quindi ero abbastanza a digiuno di comandamenti, mentivo e desideravo la donna d’altri (qualunque donna in quel periodo, ad essere obiettivi), ma per entrare in quel cinema avrei detto anche che ero il nipote di Mubarak. Con nonchalance rispondo diciotto e faccio la scena di frugarmi in tasca prima di allargare le braccia sconsolato e dire che l’ho dimenticato a casa. Il tipo ghigna e si rivolge all’altro in dialetto con una frase del tipo “Eh certo, diciotto, con quella barba folta che ha” seguita da doppia sghignazzata. Avrò avuto otto peli sul mento e tre sulle guance, prendo la frase come un segnale negativo, ero un ragazzino sveglio io. Mi giro verso gli altri quattro piccoli indiani con fare interrogativo sul da farsi e proprio in quel momento dalla sala proiezione esce uno spettatore. E per una frazione di secondo, prima che la porta si richiuda, intravediamo lo schermo dove va in onda un accoppiamento che sembra essere di buona soddisfazione per la signorina coinvolta, a giudicare dai gemiti. L’esortazione, sempre dialettale, “Allora ragazzi non è ora di andare a casa ? “ rompe la magia e ci teletrasporta all’uscita più veloci della luce. Ci rituffiamo nel cupo autunno, qualcuno mi prende per il culo perché non ho abbastanza barba, gli dico la prossima volta ci vai tu così ti guardano e ti dicono che hai pochi peli sul culo, schivo agilmente una manata nelle palle e mentre ci incamminiamo verso casa tutto finisce sotto una risata omerica.
                                                              … ten years later …
Tutto comincia con una risata omerica già all’ingresso, adesso ci muoviamo in auto e ci siamo già fatti un discreto numero di bianchini ma null’altro è cambiato. Era un caso raro credo, quello di un cinema specializzato in film hard, film nuovo ogni giorno, ultime uscite, con la particolarità di essere situato proprio di fronte alla parrocchia. Niente cartelloni esposti e nemmeno titoli, un tacito accordo dopo una causa vinta dal cinema, mentre il parcheggio era condiviso tra devoti frequentatori dell’uno e dell’altra, col vantaggio che nell’imbarazzante caso di incontro con persona conosciuta si poteva giocare la carta di una improvvisa conversione, di una impellente necessità di confessarsi, del mettersi avanti col corso prematrimoniale anche se magari non si aveva nemmeno la ragazza. Per tacere della eventuale possibilità di confessione immediata in caso di cedimenti peccaminosi, bastava attraversare la strada.
 
“Padre, ho peccato.”
“Quante volte, figliolo?”
“Due, una nel primo tempo e una nel secondo.”
“Dieci Ave Marie e dieci Pater Noster, figliolo. Com’era il film ?”
“Niente male, padre, ma quello dell’altro ieri era meglio.”
“Ego te absolvo, vai in pace. Domani c’è Moana.”
“Grazie, padre. Sempre sia lodata.”
 
Ma torniamo al cinema. Quella sera era una occasione speciale. Un evento, il primo film porno in 3D che davano in città. Possiamo mancare? Certo che no, presenti all’appello. Non era pieno, era murato. C’erano tutte le compagnie della città, credo di aver salutato più gente quella sera che in discoteca. Clima da happening, entusiasmo alle stelle. Si spengono le luci, tutti si infilano gli occhialini e via, si parte, titoli di testa che scorrono. Interno stanza e dallo schermo, proteso verso le nostre teste, si materializza ed esce un mirabolante, mostruoso, smisurato organo genitale maschile. Parte un boato da curva nord dello stadio. Il mio vicino di posto inizia a ridere e dice “ Qua se arriva una tette al vento è panico alle uscite di sicurezza ” e dal fondo della sala qualcuno urla “Cazzo ma quando viene questo oltre agli occhialini ci danno anche gli ombrelli? ”, altra esplosione di sghignazzate. Penso tra me e me che probabilmente il glorioso Ritz Erotic Movies non ha mai visto tanta ilarità nella sua onorata carriera di serio cinema porno, capisco che sarà una lunga serata e cerco una posizione comoda sulla poltroncina di legno.
 
 

domenica 18 novembre 2012

Ore Liete

Uno spin-off dal post precedente. Dedicato a tutti gli adolescenti moderni nativi digitali che non hanno mai provato l’emozione di andare in edicola a chiedere riviste sconce. Adesso è tutto fin troppo facile, un clic su Youporn e hanno un mondo che noi nemmeno immaginavamo sullo stesso monitor dove scopiazzano le ricerche scolastiche da fonti inaffidabili. Per di più col sonoro, mentre per noi il porno è stato muto per anni e per urla e gemiti dovevamo lavorare di fantasia. E la frequentazione di siti hard tra i ragazzi deve essere una pratica molto comune, a giudicare dalla velocità con cui compare una schermata nuova sul monitor quando entro in camera di mio figlio.
Ma per noi era diverso. L’acquisto era pianificato strategicamente, a partire alla scelta dell’edicola. Ce n’erano due in zona ma quella dell’ospedale era considerata impraticabile, troppa gente, un viavai continuo mentre il prelevamento dell’oscuro oggetto del desiderio (perdonami, Luis) doveva essere rapido e senza testimoni. L’altra invece era perfetta. Situata lungo una strada di traffico intenso quindi frequentata in prevalenza da forestieri e non da residenti, ci si accedeva da un sottopassaggio e l’edicolante era noto per non guardare troppo per il sottile sull’età degli acquirenti, oltre ad avere come occhiali due fondi di bottiglia che, beata ingenuità, credevamo avrebbero reso più facile giocare al rialzo sulla nostra età in modo convincente. Suppongo sia morto e che in ogni caso il suo eventuale reato sia prescritto, quindi pace all’anima sua e grazie. Avevo una discreta faccia di bronzo e ero il più alto della masnada, quindi potenzialmente quello che più poteva sembrare un diciottenne, toccava a me. Il commando era appostato all’uscita dal sottopassaggio in attesa del momento propizio. Non c’erano clienti, i marciapiedi nelle due direzioni erano sgombri fino a una distanza ragionevole, l’arrivo di un’auto che si fermava era una possibilità, ma nella vita bisogna pure correre qualche rischio.
Ecco il momento. Vai. Il resto del gruppo aspettava sbirciando, mentre io con fare disinvolto e il cuore a mille mi avviavo verso il lato sinistro dell’edicola. Un paradiso pudicamente protetto da una tenda verde. Una rapida occhiata, Le Ore l’altra volta non era granchè, OV ha una copertina niente male ma prendo Caballero. Afferro e porgo, senza parlare. E lui coi suoi fondi di bottiglia cerca il prezzo sulla copertina. Cazzo, lo so io il prezzo e non lo sai tu che lo vendi, ho i soldi contati, sbrigati per la miseria. Eccolo. Lo avvolgo a cilindro sperando che non sbuchino troppi particolari anatomici dalle parti che restano in vista, e a passo di carica mi avvio al sottopassaggio. E’ fatta. Cerchio di ragazzini in religioso silenzio alle mie spalle, sacerdote officiante la blasfema cerimonia del primissimo sfoglio. Ma era solo un attimo, una rapida consultazione, sotto i sottopassaggi passa gente, lo dice il nome. Oddio, non credo che in caso di mancata soddisfazione avrei avuto la faccia di tolla di andarlo a cambiare. E in ogni caso eravamo sempre soddisfatti, in molti sensi se mi si perdona la bassissima battuta. Prima di uscire dal tunnel, il prezioso bottino finiva sotto la maglia di qualcuno e noi ridiventavamo un innocuo gruppetto di ragazzini, che con un segreto inconfessabile raggiungeva il garage che avevamo adibito a sala di pornoconsultazioni.
Tutto questo durò diverso tempo. Finchè un giorno mia madre mi disse guardandomi distrattamente “ Sai che la signora tal dei tali mi ha detto che ti ha visto in edicola ? “. Gelo, dentro e fuori. Mia madre aveva sguardi indecifrabili e l’arte dell’allusione, quindi devo ancora capire se la signora si era limitata a dire di avermi visto o aveva aggiunto, Dio non voglia, che mi trovavo nell’ala peccaminosa. Non ritenni opportuno proseguire il discorso e non ho mai più avuto occasione di chiederglielo. Ma fu spunto di riflessione e autocritica. Era giusto quello che facevamo? Stavamo sbagliando? Non potevamo continuare così. Bisognava cambiare, stavamo diventando grandi. E così fu. Avevamo i motorini adesso. Cambiammo edicola. 

giovedì 8 novembre 2012

Erotic Line

Serata tra amici di parecchi anni fa, non ricordo se il pretesto dell’invito a cena era una partita di calcio, un compleanno o chissà cos’altro, ma alla fine poco cambia. Le ore si fanno piccole e il tasso alcolico alto. Parte un giro di zapping televisivo. Tra televendite di pentole e materassi, film inguardabili e documentari micidiali, sbucano le pubblicità delle hotline telefoniche. Risate sbronze, commentacci, battute da caserma, ogni genere di sconcezza. Non siamo mai stati una comitiva di seminaristi, lo ammetto. A un certo punto il padrone di casa parte verso la cantina per l’ennesimo doveroso rifornimento. Commettendo un errore terribile. Siamo a un piano alto di un palazzo in centro storico, senza ascensore, e lui lascia lì il cellulare acceso, nelle mani di una manica di criminali. Quando la porta si chiude dietro le sue spalle, non c’è neanche il tempo di dire “Dai dai chiamiamo la maialona bionda” che qualcuno sta già facendo il numero.  Per una misteriosa usanza del gruppo, fin dai tempi in cui da ragazzini era mio compito chiedere all’edicolante le riviste porno, passando per il periodo romagnolo in cui andavamo a chiacchierare con la variopinta fauna che batte sul lungomare di Rimini e io ero stato eletto addetto ai dialoghi, per arrivare ad oggi, quando ci sono da fare cazzate che richiedono chiacchiera sciolta e faccia da culo io non so perché ma ci sono sempre in mezzo. No, forse lo so benissimo, ma ne parliamo un’altra volta.
Fatto il numero e presa la linea, il delinquente passa in viva voce e mi molla in mano il telefono. Mi risponde una lei che si presenta con nome esotico e si descrive come una via di mezzo tra una pin-up e una battona da tangenziale. Ricordo, random, labbra carnose quarta di seno perizoma. Pareggio il conto delle spudorate falsità descrivendomi come una specie di Bronzo di Riace in boxer, e ancora non ho capito cosa avesse il mio pubblico di imbecilli da sghignazzare. Segue la domanda “ Dove sei ? “ alla quale non devo fare grossi sforzi di fantasia dato che su un divano sono e “ Sul divano” rispondo. Lei mi informa che è sul letto e, ci tiene a precisarmelo nel caso avessi dubbi, con le gambe aperte e tutta bagnata. La domanda successiva è “ Ti stai toccando? ” dove prima devo mascherare un convulso di riso per il commento di un idiota seduto sulla poltrona di fronte che insinua che dovrei almeno trovarlo e poi resistere alla tentazione di chiedergli se per caso l’ho lasciato da sua sorella.
Ma il momento clou è quando lei mi chiede miagolante “Cosa mi faresti se fossi lì con te? “ E io, cercando di Eastwoodizzarmi con la voce più maschiovirilsensuale che riesco a fare, suscitando una standing ovation di risate dei presenti  le dico “Ti farei un pigiamino di saliva, piccola”. E dentro di me elevo una silenziosa preghiera al dio della celluloide supplicandolo di avermi fatto imbattere in una cinefila e sognando che lei mi risponda ridendo “ Va bene Clint, allora sono tua, prendimi maschione”. E invece non è così. Lei, maledetta, non ha visto Tightrope, non sa chi sono Gunny Highway, l’Ispettore Callaghan e nemmeno il texano dagli occhi di ghiaccio, mi prende sul serio e per ricambiare l’umido pigiamino inizia con molto impegno e poca credibilità a prospettarmi un paradiso di prestazioni orali sulle quali io mi ammoscio psicologicamente (non fraintendete, vi prego, sull’altro versante non era successo nulla e nulla c’era da ammosciare) e chiudo la conversazione.
Qualcuno lancia l’idea di salvare il numero in memoria con un nome femminile e fare una soffiata alla fidanzata dell’amico di controllargli il telefono, cosa che viene accolta da unanime approvazione. Ma la bieca congiura viene sventata dal rientro del padrone di casa che dopo passaggio in cucina a stappare arriva, guarda la tele coi numeri in sovraimpressione a un tripudio di chiappe e tette, guarda me col suo telefono in mano, fa due più due, capisce la tragedia appena accaduta e mi salta addosso mentre io lancio il suo telefono a uno dei criminali. Nasce una colluttazione sul divano, dove subisco dato che sto ridendo a crepapelle e non ho la forza di difendermi. Il cellulare torna nelle mani del legittimo proprietario, che verifica sconsolato la sonora decurtazione al suo credito. Come sconsolato sono io adesso, che rifletto sul fatto che il numero probabilmente era un 144, il credito era in lire e Sharon Samantha Cindy Jasmine o come cavolo si chiamava forse adesso è nonna. E si mette un pigiama di flanella. Tempus fugit.