Avvertenza

Mi sono reso conto che diversi post sono legati a un brano musicale di Youtube che contengono e sono assolutamente incomprensibili senza quel video. Se l'account di chi ha pubblicato quel brano viene cancellato, il video sparisce. Non ho nessuna voglia di mettermi a ripercorrere tutto per vedere se questo è successo, ma se vi imbattete in un post che fa riferimento a un brano che manca, mi fareste un piacere segnalandomelo. Thanks.

giovedì 27 dicembre 2012

Natalizie Luci Allucinate

Una nuova puntata della mia piccola e personalissima rubrica “Cose da fare almeno una volta nella vita”. E non  potete dire che non osservo le feste comandate, questa è anche natalizia. La mia proposta per un Natale alternativo è la seguente. Iniziare la preparazione durante il banchetto natalizio inzuppandosi in abbondanza di almeno tre sostanze alcoliche differenti di tipo vinoso, quest’anno nel mio caso Barbaresco Pinot Nero e Champagne (un mio caro amico teorizza che lo Champagne non è vino, ma ne parleremo un altro giorno). Non è accettata la birra mentre sui superalcolici ho dubbi e in ogni caso possono essere solo aggiuntivi e non alternativi. Serve un albero di Natale, non sono importanti le dimensioni ma è tassativa e fondamentale la presenza di luci a intermittenza rosse. No assoluto a luci fisse o di altri colori. Necessario anche un divano, preferibilmente un due posti se siete abbastanza alti per mettere la testa su un bracciolo e fare sporgere i piedi dal bracciolo opposto. Non so bene il perché, ma è importante che il piede sporga. E non deve essere nudo né con scarpa, mi raccomando. Utile il calzerotto di lana grezza e ruvida, fornisce quel tocco rustico a una situazione che rischierebbe di apparire affettata e snob. Ultima cosa richiesta, un lettore CD o un PC. La sistemazione consigliata è lungo una unica retta caratterizzata da quattro punti ABCD con la sorgente musicale (A) dietro la vostra testa (B) e in fondo ai vostri piedi (C) l’albero di Natale (D). La procedura è la seguente. Creare il buio totale nella stanza (al pomeriggio di Natale non è così difficile, suvvia). Avviare l’intermittenza delle luci dell’albero alla massima velocità. Inserire nel lettore CD Halber Mensch degli Einsturzende Neubauten ad alto volume. Mettere nel mirino, tra i vostri piedi leggermente divaricati e scostati, l’albero di Natale e guardarlo fisso possibilmente senza sbattere le palpebre. Inspirare profondamente. Schiacciare play. Provare per credere



 
 

 

lunedì 17 dicembre 2012

Il Valzer del Ciclista Incosciente


Ondeggiante ciclista
In precario equilibrio
Mentre lento pedali
Sull’antica due ruote
È una nemesi strana
un crudele destino
Quello d’ogni mattina
Con la pioggia o col sole
Incontrarti al volante
Con il tempo che stringe
E una fretta dannata
Dondolante ciclista
Questa strada è già stretta
La ciclabile pista
L’ha scordata il comune
Se ti sposti a ogni buca
Per schivare i tombini
E ti porti di colpo
Senza segnale alcuno
Della strada sul centro
Dove io sto arrivando
Mi rimangono solo
Le tre opzioni seguenti
Che ti vado a elencare
Oscillante ciclista
O rallento ed aspetto
Con serena pazienza
Che varrà il paradiso
il tuo arrivo alla meta
O ti salvo sterzando
Per stamparmi sull’auto
Parcheggiata innocente
sull’opposito lato
O sopporto due scarti
Inchiodando di brutto
Ed al terzo ti stiro
Come un riccio d’estate
Barcollante ciclista
Un consiglio da amico
Se io fossi al tuo posto
Credo già domattina
Rivedrei seriamente
Solo cinque minuti
I miei tempi d’uscita
accortezza da nulla
non trovarmi per strada
può salvarti la vita

lunedì 10 dicembre 2012

Take a Walk On The Wild Side

Ti vedo spesso ultimamente quando stacco la sera o arrivo per i turni notturni. Sei sempre ferma sul pezzo di marciapiedi davanti al parcheggio, tra l’edicola e la fermata dell’autobus, sotto la luce bianca e fredda dei lampioni che piega i colori. Sei alta, anche senza tacchi, capelli neri lunghi, lisci, a volte sciolti a volte con la coda, giubbino e jeans neri infilati negli stivali. Non sembri italiana. Non avrai più di venticinque anni, ad esagerare. Spesso hai la sigaretta accesa tra le dita. Anche stasera parcheggio, chiudo l’auto e inizio a camminare nella tua direzione. Il solito via vai di auto, qualcuno rallenta, ti guarda, poi accelera e se ne va. E’ presto per i clienti, c’è ancora abbastanza traffico ordinario. Arrivo a pochi passi da te, vedo il tuo trucco, nero sugli occhi e intorno, niente rossetto. Incrocio il tuo sguardo, provo ad accennare un abbozzo di sorriso. E resto raggelato. Da quello che vedo nei tuoi occhi scuri. Il vuoto totale, un deserto di assenza. Non so nemmeno se mi hai veramente visto, figuriamoci rispondere al sorriso. Non mi hai guardato, mi hai scattato una foto segnaletica e messo nel tuo archivio. Per te io sono se va bene un passante, se va male un maniaco o un rapinatore. Una volta incasellato come non problematico, per te non esisto più, posso scomparire.
E poi, sono lì le tue gambe lunghe e il tuo seno che si intuisce sotto il giubbino. Ma tu non sei lì. Sei altrove. Un qualunque altrove che non sia quella strada dove tra un po’ le auto cominceranno a inchiodarti davanti col finestrino abbassato. Una luce blu in distanza, una volante che si avvicina lentamente, ti passa davanti, i poliziotti ti guardano e tirano dritto. Fa freddo, nuvolette di fiato a ogni respiro. Ti passo accanto, si vede che stai gelando e mentre ti supero penso che sarebbe bello andarti a prendere un caffè e offrirtelo. Poi mi dico che non sei stata capace, o non hai avuto voglia, di rispondere a un sorriso, accetteresti mai un caffè ? Perso in questi pensieri continuo a camminare e sento un vociare alle mie spalle. Mi giro. Tre ragazzi in bici che urlano, non so se sono sbronzi, hanno voglia di fare i cretini, uno si ferma da te. Dal lato opposto a quello da ove era arrivata, la volante ha fatto inversione e ricompare, si ferma. I poliziotti scendono e fermano i tre. L’ultima cosa che vedo sei tu, una statua vestita di nero sul ciglio della strada, che guardi la scena quasi con disinteresse. Alzo il bavero del giaccone e accelero il passo.

lunedì 3 dicembre 2012

Don't worry, be happy

Da qualche giorno si parla di primarie in ogni dove. E il PD le fa ma discute sulle regole e dicono che si imbrogliano. E il PDL le fa ma forse non le fa però pare che le facciano ma non è detto. A me, che sto pensando di proporle nel mio condominio candidandomi a leader della corrente del mio pianerottolo, è scattata in testa una strana associazione. Continuo a canticchiare tra di me “ … primarie sì primarie no, le primarie non si fanno alla faccia di Alemanno … “ sulla musica di La terra dei cachi di Elio e le storie tese. Poi mi è ricapitata sott’occhio una vecchia foto. E mi sono di nuovo reso conto che a destra  stanno facendo tanto teatrino in attesa di sapere se questo signore si ricandida. Sì, proprio questo. Ha fatto il presidente del consiglio. E sta pensando se proporsi per rifarlo. Sì sì, avete capito bene, quello con quel coso strano in mano. Presidente del consiglio. E allora basta. Non voglio più parlarne. Voglio dedicare qualche parola a un dramma umano. Quello dei membri della sua scorta. Guardate le loro espressioni. Non sono gente felice. Ma io in particolare sono toccato dallo sguardo del signore cerchiato in rosso. Credo sia il caposcorta. Quindi, riassumendo, uno che per guadagnarsi la vita passa le giornate incollato alle terga dello strano personaggio di cui sopra, terga che da fonti informate sui fatti pare siano pure flaccide, avendo come panorama una splendida vista dall’alto di una coltivazione di chiome sintetiche.
 
 
Capite bene che ha mille motivi di essere perplesso. La sua espressione vuole dirci qualcosa. La domanda che mi sono posto è cosa. Ho cercato di mettermi nei suoi panni e tradurre il suo sguardo in pensieri e sentimenti. Mi sono uscite le seguenti ipotesi su quello che sta pensando quest’uomo. Votate la vostra preferita e la userò in campagna elettorale. Naturalmente, in sede di commento ognuno è libero di aggiungere la sua personale interpretazione.
 
01 - Voto Renzi o Bersani ?
02 - Aveva ragione nonna a dirmi di rimanere con lei a fare il coltivatore di azalee
 
03 - Il mio collega scorta ancora la Minetti ma alla prossima riunione sui turni mi sentono
04 - Se  adesso urla ancora una volta “Alabarda spaziale” giuro che mi licenzio
05 - Ci sta provando, ma la seminfermità mentale secondo me non se la bevono
06 - To be or not to be ?
07 - Non ne posso più, i miei figli a scuola diventano rossi e dicono che papà fa il benzinaio
08 - Ma stiamo proteggendo lui dalla folla o la folla da lui ?
09 - Sette anni alla pensione sette anni alla pensione sette anni alla pensione  …
10 - Se mollo questo starnuto gli devasto il pratino cranico tipo ciclone, devo tenerlo
 
Un'ultima cosa, bodyguard. Sarai alto due metri, peserai un quintale, sarai armato fino ai denti , esperto di tecniche di combattimento e conoscerai dodici arti marziali con almeno otto colpi mortali. Niente di personale, si fa per sdrammatizzare e riderci un poco sopra, si è capito vero ? 


sabato 24 novembre 2012

Girls On Film

L’appetito vien mangiando, dicono. Era andata bene con le riviste, perché non proseguire con l’escalation. Dopo non tanto tempo chiuse, lo sventrarono e ora ci sono miniappartamenti e uffici, credo, ma allora c’era un cinema. Programmazione varia, un po’ di tutto. Il primo vietato ai minori di quattordici lo vedemmo lì, anche se forse ne avevo ancora tredici. C’era mezza scuola quel sabato pomeriggio a vedere Quaranta gradi all’ombra del lenzuolo. A proposito, meglio tardi che mai, grazie di cuore a Barbara e Edwige e a tutte le altre. Ma il soft non bastava più, non bastavano docce e strip. E nel frattempo la programmazione del cinema virava sempre più verso l’hard, già era diventato un rito allungare il ritorno da scuola per andare a guardare i cartelloni esposti. Un pomeriggio d’autunno, di quelli quando fa buio in pratica subito dopo mangiato, ormoni galoppanti e film in programmazione si mescolano in un cocktail micidiale. Qualcosa che aveva a che fare con carceri e piacere e detenute, vietato ai minori di diciotto anni. Partiamo. Dieci minuti a piedi da casa e siamo davanti al cinema, con adrenalina e pulsazioni in ascesa verticale. Già l’ingresso è spassoso, in fila, sembriamo dieci piccoli indiani anche se siamo cinque. Chi capeggia la fila e dovrà andare a chiedere i biglietti è inutile che ve lo dica, credo. Mi impettisco, cerco di sembrare il più alto possibile e di parlare con la voce più bassa possibile, mi dirigo alla biglietteria e con fare disinvolto chiedo cinque biglietti per la galleria. Dentro la biglietteria ci sono due tipi e uno dei due mi chiede quanti anni ho e se ho un documento. Io non solo non avevo frequentato molto il catechismo quindi ero abbastanza a digiuno di comandamenti, mentivo e desideravo la donna d’altri (qualunque donna in quel periodo, ad essere obiettivi), ma per entrare in quel cinema avrei detto anche che ero il nipote di Mubarak. Con nonchalance rispondo diciotto e faccio la scena di frugarmi in tasca prima di allargare le braccia sconsolato e dire che l’ho dimenticato a casa. Il tipo ghigna e si rivolge all’altro in dialetto con una frase del tipo “Eh certo, diciotto, con quella barba folta che ha” seguita da doppia sghignazzata. Avrò avuto otto peli sul mento e tre sulle guance, prendo la frase come un segnale negativo, ero un ragazzino sveglio io. Mi giro verso gli altri quattro piccoli indiani con fare interrogativo sul da farsi e proprio in quel momento dalla sala proiezione esce uno spettatore. E per una frazione di secondo, prima che la porta si richiuda, intravediamo lo schermo dove va in onda un accoppiamento che sembra essere di buona soddisfazione per la signorina coinvolta, a giudicare dai gemiti. L’esortazione, sempre dialettale, “Allora ragazzi non è ora di andare a casa ? “ rompe la magia e ci teletrasporta all’uscita più veloci della luce. Ci rituffiamo nel cupo autunno, qualcuno mi prende per il culo perché non ho abbastanza barba, gli dico la prossima volta ci vai tu così ti guardano e ti dicono che hai pochi peli sul culo, schivo agilmente una manata nelle palle e mentre ci incamminiamo verso casa tutto finisce sotto una risata omerica.
                                                              … ten years later …
Tutto comincia con una risata omerica già all’ingresso, adesso ci muoviamo in auto e ci siamo già fatti un discreto numero di bianchini ma null’altro è cambiato. Era un caso raro credo, quello di un cinema specializzato in film hard, film nuovo ogni giorno, ultime uscite, con la particolarità di essere situato proprio di fronte alla parrocchia. Niente cartelloni esposti e nemmeno titoli, un tacito accordo dopo una causa vinta dal cinema, mentre il parcheggio era condiviso tra devoti frequentatori dell’uno e dell’altra, col vantaggio che nell’imbarazzante caso di incontro con persona conosciuta si poteva giocare la carta di una improvvisa conversione, di una impellente necessità di confessarsi, del mettersi avanti col corso prematrimoniale anche se magari non si aveva nemmeno la ragazza. Per tacere della eventuale possibilità di confessione immediata in caso di cedimenti peccaminosi, bastava attraversare la strada.
 
“Padre, ho peccato.”
“Quante volte, figliolo?”
“Due, una nel primo tempo e una nel secondo.”
“Dieci Ave Marie e dieci Pater Noster, figliolo. Com’era il film ?”
“Niente male, padre, ma quello dell’altro ieri era meglio.”
“Ego te absolvo, vai in pace. Domani c’è Moana.”
“Grazie, padre. Sempre sia lodata.”
 
Ma torniamo al cinema. Quella sera era una occasione speciale. Un evento, il primo film porno in 3D che davano in città. Possiamo mancare? Certo che no, presenti all’appello. Non era pieno, era murato. C’erano tutte le compagnie della città, credo di aver salutato più gente quella sera che in discoteca. Clima da happening, entusiasmo alle stelle. Si spengono le luci, tutti si infilano gli occhialini e via, si parte, titoli di testa che scorrono. Interno stanza e dallo schermo, proteso verso le nostre teste, si materializza ed esce un mirabolante, mostruoso, smisurato organo genitale maschile. Parte un boato da curva nord dello stadio. Il mio vicino di posto inizia a ridere e dice “ Qua se arriva una tette al vento è panico alle uscite di sicurezza ” e dal fondo della sala qualcuno urla “Cazzo ma quando viene questo oltre agli occhialini ci danno anche gli ombrelli? ”, altra esplosione di sghignazzate. Penso tra me e me che probabilmente il glorioso Ritz Erotic Movies non ha mai visto tanta ilarità nella sua onorata carriera di serio cinema porno, capisco che sarà una lunga serata e cerco una posizione comoda sulla poltroncina di legno.
 
 

domenica 18 novembre 2012

Ore Liete

Uno spin-off dal post precedente. Dedicato a tutti gli adolescenti moderni nativi digitali che non hanno mai provato l’emozione di andare in edicola a chiedere riviste sconce. Adesso è tutto fin troppo facile, un clic su Youporn e hanno un mondo che noi nemmeno immaginavamo sullo stesso monitor dove scopiazzano le ricerche scolastiche da fonti inaffidabili. Per di più col sonoro, mentre per noi il porno è stato muto per anni e per urla e gemiti dovevamo lavorare di fantasia. E la frequentazione di siti hard tra i ragazzi deve essere una pratica molto comune, a giudicare dalla velocità con cui compare una schermata nuova sul monitor quando entro in camera di mio figlio.
Ma per noi era diverso. L’acquisto era pianificato strategicamente, a partire alla scelta dell’edicola. Ce n’erano due in zona ma quella dell’ospedale era considerata impraticabile, troppa gente, un viavai continuo mentre il prelevamento dell’oscuro oggetto del desiderio (perdonami, Luis) doveva essere rapido e senza testimoni. L’altra invece era perfetta. Situata lungo una strada di traffico intenso quindi frequentata in prevalenza da forestieri e non da residenti, ci si accedeva da un sottopassaggio e l’edicolante era noto per non guardare troppo per il sottile sull’età degli acquirenti, oltre ad avere come occhiali due fondi di bottiglia che, beata ingenuità, credevamo avrebbero reso più facile giocare al rialzo sulla nostra età in modo convincente. Suppongo sia morto e che in ogni caso il suo eventuale reato sia prescritto, quindi pace all’anima sua e grazie. Avevo una discreta faccia di bronzo e ero il più alto della masnada, quindi potenzialmente quello che più poteva sembrare un diciottenne, toccava a me. Il commando era appostato all’uscita dal sottopassaggio in attesa del momento propizio. Non c’erano clienti, i marciapiedi nelle due direzioni erano sgombri fino a una distanza ragionevole, l’arrivo di un’auto che si fermava era una possibilità, ma nella vita bisogna pure correre qualche rischio.
Ecco il momento. Vai. Il resto del gruppo aspettava sbirciando, mentre io con fare disinvolto e il cuore a mille mi avviavo verso il lato sinistro dell’edicola. Un paradiso pudicamente protetto da una tenda verde. Una rapida occhiata, Le Ore l’altra volta non era granchè, OV ha una copertina niente male ma prendo Caballero. Afferro e porgo, senza parlare. E lui coi suoi fondi di bottiglia cerca il prezzo sulla copertina. Cazzo, lo so io il prezzo e non lo sai tu che lo vendi, ho i soldi contati, sbrigati per la miseria. Eccolo. Lo avvolgo a cilindro sperando che non sbuchino troppi particolari anatomici dalle parti che restano in vista, e a passo di carica mi avvio al sottopassaggio. E’ fatta. Cerchio di ragazzini in religioso silenzio alle mie spalle, sacerdote officiante la blasfema cerimonia del primissimo sfoglio. Ma era solo un attimo, una rapida consultazione, sotto i sottopassaggi passa gente, lo dice il nome. Oddio, non credo che in caso di mancata soddisfazione avrei avuto la faccia di tolla di andarlo a cambiare. E in ogni caso eravamo sempre soddisfatti, in molti sensi se mi si perdona la bassissima battuta. Prima di uscire dal tunnel, il prezioso bottino finiva sotto la maglia di qualcuno e noi ridiventavamo un innocuo gruppetto di ragazzini, che con un segreto inconfessabile raggiungeva il garage che avevamo adibito a sala di pornoconsultazioni.
Tutto questo durò diverso tempo. Finchè un giorno mia madre mi disse guardandomi distrattamente “ Sai che la signora tal dei tali mi ha detto che ti ha visto in edicola ? “. Gelo, dentro e fuori. Mia madre aveva sguardi indecifrabili e l’arte dell’allusione, quindi devo ancora capire se la signora si era limitata a dire di avermi visto o aveva aggiunto, Dio non voglia, che mi trovavo nell’ala peccaminosa. Non ritenni opportuno proseguire il discorso e non ho mai più avuto occasione di chiederglielo. Ma fu spunto di riflessione e autocritica. Era giusto quello che facevamo? Stavamo sbagliando? Non potevamo continuare così. Bisognava cambiare, stavamo diventando grandi. E così fu. Avevamo i motorini adesso. Cambiammo edicola. 

giovedì 8 novembre 2012

Erotic Line

Serata tra amici di parecchi anni fa, non ricordo se il pretesto dell’invito a cena era una partita di calcio, un compleanno o chissà cos’altro, ma alla fine poco cambia. Le ore si fanno piccole e il tasso alcolico alto. Parte un giro di zapping televisivo. Tra televendite di pentole e materassi, film inguardabili e documentari micidiali, sbucano le pubblicità delle hotline telefoniche. Risate sbronze, commentacci, battute da caserma, ogni genere di sconcezza. Non siamo mai stati una comitiva di seminaristi, lo ammetto. A un certo punto il padrone di casa parte verso la cantina per l’ennesimo doveroso rifornimento. Commettendo un errore terribile. Siamo a un piano alto di un palazzo in centro storico, senza ascensore, e lui lascia lì il cellulare acceso, nelle mani di una manica di criminali. Quando la porta si chiude dietro le sue spalle, non c’è neanche il tempo di dire “Dai dai chiamiamo la maialona bionda” che qualcuno sta già facendo il numero.  Per una misteriosa usanza del gruppo, fin dai tempi in cui da ragazzini era mio compito chiedere all’edicolante le riviste porno, passando per il periodo romagnolo in cui andavamo a chiacchierare con la variopinta fauna che batte sul lungomare di Rimini e io ero stato eletto addetto ai dialoghi, per arrivare ad oggi, quando ci sono da fare cazzate che richiedono chiacchiera sciolta e faccia da culo io non so perché ma ci sono sempre in mezzo. No, forse lo so benissimo, ma ne parliamo un’altra volta.
Fatto il numero e presa la linea, il delinquente passa in viva voce e mi molla in mano il telefono. Mi risponde una lei che si presenta con nome esotico e si descrive come una via di mezzo tra una pin-up e una battona da tangenziale. Ricordo, random, labbra carnose quarta di seno perizoma. Pareggio il conto delle spudorate falsità descrivendomi come una specie di Bronzo di Riace in boxer, e ancora non ho capito cosa avesse il mio pubblico di imbecilli da sghignazzare. Segue la domanda “ Dove sei ? “ alla quale non devo fare grossi sforzi di fantasia dato che su un divano sono e “ Sul divano” rispondo. Lei mi informa che è sul letto e, ci tiene a precisarmelo nel caso avessi dubbi, con le gambe aperte e tutta bagnata. La domanda successiva è “ Ti stai toccando? ” dove prima devo mascherare un convulso di riso per il commento di un idiota seduto sulla poltrona di fronte che insinua che dovrei almeno trovarlo e poi resistere alla tentazione di chiedergli se per caso l’ho lasciato da sua sorella.
Ma il momento clou è quando lei mi chiede miagolante “Cosa mi faresti se fossi lì con te? “ E io, cercando di Eastwoodizzarmi con la voce più maschiovirilsensuale che riesco a fare, suscitando una standing ovation di risate dei presenti  le dico “Ti farei un pigiamino di saliva, piccola”. E dentro di me elevo una silenziosa preghiera al dio della celluloide supplicandolo di avermi fatto imbattere in una cinefila e sognando che lei mi risponda ridendo “ Va bene Clint, allora sono tua, prendimi maschione”. E invece non è così. Lei, maledetta, non ha visto Tightrope, non sa chi sono Gunny Highway, l’Ispettore Callaghan e nemmeno il texano dagli occhi di ghiaccio, mi prende sul serio e per ricambiare l’umido pigiamino inizia con molto impegno e poca credibilità a prospettarmi un paradiso di prestazioni orali sulle quali io mi ammoscio psicologicamente (non fraintendete, vi prego, sull’altro versante non era successo nulla e nulla c’era da ammosciare) e chiudo la conversazione.
Qualcuno lancia l’idea di salvare il numero in memoria con un nome femminile e fare una soffiata alla fidanzata dell’amico di controllargli il telefono, cosa che viene accolta da unanime approvazione. Ma la bieca congiura viene sventata dal rientro del padrone di casa che dopo passaggio in cucina a stappare arriva, guarda la tele coi numeri in sovraimpressione a un tripudio di chiappe e tette, guarda me col suo telefono in mano, fa due più due, capisce la tragedia appena accaduta e mi salta addosso mentre io lancio il suo telefono a uno dei criminali. Nasce una colluttazione sul divano, dove subisco dato che sto ridendo a crepapelle e non ho la forza di difendermi. Il cellulare torna nelle mani del legittimo proprietario, che verifica sconsolato la sonora decurtazione al suo credito. Come sconsolato sono io adesso, che rifletto sul fatto che il numero probabilmente era un 144, il credito era in lire e Sharon Samantha Cindy Jasmine o come cavolo si chiamava forse adesso è nonna. E si mette un pigiama di flanella. Tempus fugit.
 
 

mercoledì 31 ottobre 2012

Halloween Again

Suonano. Scampanellata breve, quasi timida. Che palle, sempre qua gli scocciatori. Seguita da un bussare discreto alla porta. Lampo nel cervello. Cazzo, è Halloween, i bambini. Troppo tardi, non la scampo. Ho Loverman a tutto volume, sanno che sono in casa, e fingermi morto non mi sembra una buona idea anche se a pensarci sarebbe molto in tema. Mi sa che devo aprire. Non faccio in tempo a mettere i Darkthrone e non mi sono vestito da Freddie Krueger come mi ero ripromesso l’anno scorso. Scelgo una via di mezzo, apro con passo lento e sguardo truce e guardo in basso pronto a fulminare il bambino o bambina di turno che viene a scartavetrarmi le palle con Halloween. Una gonna di panno nero, due scarpe nere di foggia datata. Minchia, bambina, o ti hanno truccata molto bene da strega o sei invecchiata molto da stamattina, quando sei uscita per andare a scuola e ti ho incrociata per le scale avrai avuto nove o dieci anni, non di più, e adesso sembri mia nonna.
Guardo più in alto e qualcosa non torna, troppe rughe e so di cosa parlo. Non è una bambina, è la signora del piano di sopra. E resto perplesso. Signora, va bene sentirsi giovani e in forma, va bene che a somigliare a una strega non fa tutta questa fatica, ma non le pare che a settant’anni sia poco decoroso andare in giro a festeggiare Halloween come i bambini delle elementari ? Poi penso che questa crisi sta picchiando duro, è proprio vero che la gente non arriva a fine mese se il trentuno Ottobre una pensionata per mangiare qualcosa deve andare a fare dolcetto o scherzetto in giro. La signora, ignara del turbine di pensieri dietro il mio sguardo assente, mi informa che sono cambiate le date per l’esposizione dei contenitori della differenziata e mi consegna il nuovo schema. E io, mancato incubo con la pelle carbonizzata, la risata maligna e le unghie ad artiglio, lo prendo, la ringrazio e me lo infilo in tasca. E stanotte non mi infilerò nei sogni di nessuno in Elm Street. Ma Venerdì devo ricordarmi l’organico, e Sabato la carta.

lunedì 29 ottobre 2012

Old Man Take A Look At My Eyes

Qualche giorno fa, guardando la tele, ho visto una cosa che mi ha colpito molto. Credo fosse un documentario, o un dibattito, sulle problematiche della terza età. La casa di riposo era bellissima, sembrava una clinica di lusso, arazzi alle pareti, fregi, arredo elegante. Intervistavano un signore anziano. Vicino a lui c’era un tizio che non ho capito se era l’infermiere, il badante, il maggiordomo o cosa. Certo non aveva la faccia rassicurante, sembrava una via di mezzo tra il gobbo di Notre-Dame e Lurch della Famiglia Addams. Comunque, quel signore non stava per nulla bene. A parte le rughe, lo sguardo fisso, le difficoltà di parola e di respirazione, la pelle del viso che sembrava di plastica e una cosa strana sulla testa, una specie di lanugine più corta del resto dei capelli e anche di colore un tantino diverso, erano le cose che diceva che mi hanno lasciato perplesso.
Poveretto, sembrava soffrisse di una forma di mania di persecuzione. A sentire lui tutti ce l’avevano con lui, lo perseguitavano, lo odiavano, capi di stato stranieri gli ridevano dietro per deteriorare la sua immagine e la sua credibilità internazionale, i giudici lo processavano perché non avevano altro da fare. Giuro, dava perfino l’impressione che avesse manie di grandezza, in certi momenti sembrava che credesse di essere stato uno statista, addirittura presidente del consiglio. Poi però poveretto si deve essere confuso, deve essersi  ricordato di quando giocava a calcio da giovane e ha cominciato a dire che non scendeva in campo ma forse sì e faceva il passo indietro. Poi ha iniziato a delirare, a dire che dava soldi a nipoti minorenni di qualcuno che facevano le maggiorate maggiorenni per costruire ospedali in Sud Sudan Africa dove Bertolaso avrebbe allenato il Milan per giocare contro la sinistra per guarire dallo spread, il tutto sparando cifre a caso e parole in libertà.
Cazzo, parli con la Merkel, con Draghi, con Juncker. Bund è una parola tedesca. Non puoi pronunciarmela “band”. Non puoi. Ah sì, tu puoi. Tu che hai pronunciato Google “Gogol”, puoi.

lunedì 22 ottobre 2012

Reggio Calabria - 22 Ottobre 1972

Sì, lo so, mi sono intrippato con gli anniversari, ma stavolta non è colpa mia. E’ stata una catena di eventi che mi ha portato qui. E chi sono io per oppormi al destino ? Sentivo parlare da diversi giorni di Reggio Calabria, comune sciolto, infiltrazioni e contiguità criminali, e c’era qualcosa che mi ronzava in testa. Mi è venuta in mente questa canzone, me la sono riascoltata, e quando ho colto la data della manifestazione ho capito che mi stava chiamando per essere pubblicata. Oggi, quarant’anni dopo. E ho obbedito. Credo che in molti non l’abbiano mai sentita, e che per i pochi che già la conoscono sia un ricordo gradito. Per lasciare più spazio a eventuali commenti, mi dico alcune cose da solo. Veterocomunista, sinistrorso, bolscevico, sovversivo, stalinista, centralista, fuori dal mondo, non al passo coi tempi. No, con questi tempi dove si stanno massacrando i diritti dei lavoratori e quel po’ di welfare che c’era, costruiti anche grazie alle lotte e alle manifestazioni come quella della canzone, non credo di avere una gran voglia di stare al passo.
Dimenticavo, a proposito di anniversari, nel post precedente ho dovuto fare una scelta, il nove Ottobre era anche l’anniversario della morte di Che Guevara. Rispetto per il combattente e per le idee e per i valori, ma non ho mai avuto la maglietta con la sua faccia, né l’adesivo sull’auto, non me lo sono tatuato addosso e diciamo anche che “Hasta siempre comandante” dopo due ascolti fa venire sonno. E allora, per motivi estetico-emozionali, ha vinto Paolini ai punti. Una eventuale finale con la Marini sarebbe un bello scontro.
 
 

martedì 9 ottobre 2012

Vajont - 9 Ottobre 1963

Duecento metri. Cristo Santo, cosa sono duecento metri d’acqua ? Come fai a pensarli, a vederli, a immaginarli, duecento metri d’acqua che scavalcano una diga e ti arrivano  addosso ? Non si può. Puoi solo lasciartelo raccontare, ascoltare  e farti prendere a pugni nello stomaco dall’emozione, perché capire non si può. Ma so una cosa. Finché guardo questo e mi si chiude la gola, finché guardo questo e non riesco più a respirare, finché guardo questo e ho voglia di mettermi a piangere, sono vivo.

venerdì 5 ottobre 2012

Welcome To The Lifeboat Party

Sedi delle regioni piene di finanzieri a frugare tra i rimborsi e non solo. Feste romane coi maiali travestiti da maiali e le maiale travestite da ancelle. Festa a carattere sociofecalpolitico sul tema “Siamo nella merda fino al collo”, che mi sembra perfetta vista la quantità di facce da culo tra i presenti. E io che parlando con qualcuno che mi chiedeva se mi era piaciuto “Che la festa cominci” di Ammaniti avevo risposto che secondo me era un po’ sopra le righe. In confronto sembra il catechismo. E adesso tutti a gridare allo scandalo, come se fino ad ora avessimo vissuto con Alice nel paese delle meraviglie. No, dico, ma ci siamo scordati di che nazione stiamo parlando ? Signori, lo facciamo un ripassino per capire dove ci troviamo ? Guardiamo una foto di qualche anno fa, non millenni, e facciamo un gioco ?
 
Una specie di test di Rorschach con una foto al posto delle macchie, io di psicologia ne so più o meno come un carciofo ma possiamo provare a fare il test. Solo una foto, ma sono sicuro che se voi mi dite cosa vedete nella foto io vi so dire a che paese state pensando. Provare per credere.
Allora, secondo voi la signorina nella foto è 
1) Una ricercatrice scientifica premio Nobel giunta per un convegno
2) Una profuga politica leader dell’opposizione a un feroce regime
3) Una campionessa sportiva reduce da trionfi olimpici
4) Un magistrato impegnato in un pericoloso processo
5) Una famosa giornalista titolare di una scottante inchiesta
6) Una ballerina di flamenco che l’allora settantatreenne presidente del consiglio di quel paese, a spese dei cittadini, ha fatto viaggiare su un volo di stato insieme a musicisti nani e ballerine varie per condurla a una festa privata piena di diciottenni seminude in una delle sue ville

 
1) State pensando a un paese ad alta alfabetizzazione, in cui ricerca e formazione sono tenuti in grande considerazione, i fondi per l’istruzione sono in crescita, le università sono di ottimo livello e da cui non fuggono cervelli
2) State pensando a un paese tollerante e aperto all’integrazione, di grande accoglienza verso le persone che provengono da regimi oppressivi o da zone che sono teatri di guerra e persecuzioni, lontano da razzismi e xenofobie
3) State pensando a un paese con impianti sportivi di grande livello, una alta cultura sportiva, senza incidenti negli stadi, con una diffusione di massa delle attività sportive a partire dalle scuole ed un elevatissimo numero di praticanti
4) State pensando a un paese con una giustizia imparziale, veloce, efficiente, senza ingerenze della politica, in cui tutti i cittadini sono veramente uguali davanti alla legge e nessuno può mettersi a priori al riparo da eventuali processi 
5) State pensando a un paese con una informazione pluralista, non concentrata in poche mani, libera e critica, senza controlli e ingerenze da parte di poteri forti né da parte di politici, pronta alla denuncia critica e al servizio del cittadino
6) State pensando all’Italia, cazzo !!

venerdì 21 settembre 2012

Wake Me Up When September Ends


" ... l'estate sta finendo, e un anno se ne va … “
A conferma della mia tesi secondo cui il vero inizio del nuovo anno è Settembre, la testimonianza di uno dei più grandi gruppi che mai abbiano calcato i palcoscenici italiani. I Righeira. E un aneddoto estivo sul tempo che passa. Pigro pomeriggio familiare in piscina, qualche anno fa. Il mio piccolo sta scarabocchiando coi colori che ci portiamo sempre dietro per tenerlo sotto l’ombrellone e evitare che passi ore al sole a ustionarsi. Suo fratello, disegnatore compulsivo e il liceo artistico nel destino, gli ruba un pennarello e si mette a disegnare furiosamente qualcosa che sta tra i manga e la Roma del II secolo d.C. Lo guardo per un pò poi quasi per scherzo gli dico “ Dai, fammi un ritratto”. Mi guarda perplesso, ci pensa su, poi risponde “Ma sì dai, mettiti in posa”. Mi metto in posa di tre quarti cercando di rimanere fermo, cosa non facile, e cercando soprattutto di assumere un’aria il meno ebete possibile, cosa ancora meno facile. Ogni tanto lo guardo di sbieco e vedo che è impegnatissimo. Passa un tempo imprecisato e non resisto più fermo, così gli chiedo “ A che punto sei ? ” E lui serissimo risponde “ Non ho ancora finito”. Guardo il disegno. Per me, che ancora adesso disegno un essere umano con un cerchietto e alcune lineette, è perfetto. Gli chiedo “ Come, non è finito ? “ E qui arriva la morbida pugnalata a tradimento. La dolce staffilata. Il tenero morso della serpe covata in seno. Mi guarda in faccia e con assoluta, pura, incosciente innocenza mi dice “Devo ancora farti le rughe” .
 
 
Come vedete, è un perfezionista senza alcuna pietà. Me le ha fatte.
Aveva ragione Cormac McCarthy. Non è un paese per vecchi.
“ … sto diventando grande, lo sai che non mi va … “

domenica 16 settembre 2012

In morte di un poeta


Ulisse Coperto Di Sale

Vedo le stanze imbiancate
tutte le finestre spalancate
neve non c'è, il sole c'è,
nebbia non c'è, il cielo c'è!

Tutto scomparso, tutto cambiato
mentre ritorno da un mio passato
tutto è uguale, irreale
sono Ulisse coperto di sale!

E' vero la vita è sempre un lungo, lungo ritorno
ascolta io non ho paura dei sentimenti
e allora guarda, io sono qui,
ho aperto adagio adagio con la chiave
come un tempo
ho lasciato la valigia sulla porta
ho lasciato la valigia sulla porta.

Ho guardato intorno prima di chiamare, chiamare
non ho paura, ti dico
che sono tornato per trovare, trovare
come una volta
dentro a questa casa
la mia forza
come Ulisse che torna dal mare
come Ulisse che torna dal mare.

Una mano di calce bianca
sulle pareti della mia stanza
cielo giallo di garbino,
occhio caldo di bambino!

Tiro il sole fin dentro la stanza
carro di fuoco che corre sul cuore
perchè ogni giorno è sabbia e furore
e sempre uguali non sono le ore!

Voglio dirti
non rovesciare gli anni come un cassetto vuoto,
ascolta
anche i giovani non hanno paura di un amore
e mai, mai, mai strappano dal cuore i sentimenti
io ti guardo
la tua forza è un'ombra di luce
la tua forza è un'ombra di luce.

La mano affondata nel vento del vento...
aria calda, urlano quelle nostre ore
strette in un pugno
urlano come gli uccelli,
i sassi si consumano, non si consuma la vita
la giornata è uguale a una mano che è ferita
io sono Ulisse al ritorno
Ulisse coperto di sale!
Ulisse al principio del giorno!

sabato 1 settembre 2012

New Year's Day

Lo so che non è il primo di Gennaio, ma per me da un po’ di tempo a questa parte è già un risultato rilevante sopravvivere all’estate. A questo aggiungete che, per motivi che non ho voglia di stare qui a spiegare adesso, il primo di Settembre di diversi anni fa ha segnato per me un notevole cambiamento. Quindi, che vi piaccia o no, per me oggi è Capodanno. Tutti a Capodanno fanno i buoni propositi, io li faccio adesso.
Ho individuato una serie di cose che dovrei smettere di fare e le relative azioni correttive che sicuramente faranno di me un uomo migliore. La prima cosa è smettere di voltarmi a guardare le donne per strada. Questo è facile, ho già ricominciato gli esercizi per rafforzare la muscolatura dei bulbi oculari e ho ordinato il libro più CD “ Amplia la tua visuale periferica in dieci lezioni”. La seconda cosa è smetterla di fare con mio figlio le gare a chi storpia meglio in modo sconcio le canzoni famose. Se state pensando guarda che padre esemplare, che nobile figura di educatore, che esempio di vita, vi sbagliate. Non è un soprassalto di dignità educativa, è solo amor proprio. Non sono più competitivo, ormai. Perdo sempre, mi batte, è diventato più bravo di me. La terza cosa è smetterla, quando faccio le cotolette impanate, di usare l’olio frusto e l’uovo avanzato per farmi una frittatina con una tonnellata di parmigiano. Il gozzo ride, il fegato telefona, “ Cazzo ridi che son tutto gonfio”. Chi sa da quale canzone è tratta questa frase riceverà in premio il racconto di una mia allucinazione colesteroide in cui sentivo l’aorta che si irrigidiva e si trasformava lentamente in un disco da hockey. Quest’ultima frase è di nuovo una citazione, stavolta letteraria e non musicale, e chi ne conosce l’autore riceverà una frittata unta e grassa. La quarta cosa è smettere di fare agli automobilisti scorretti gesti che coinvolgono incavo del gomito, palmo della mano  e mignolo, medio e indice abbinati in vario modo.
No, non ce la faccio. Alla signora, si fa per dire, col SUV che l’altro giorno mi ha sorpassato in presenza di striscia continua, mi ha stretto, mi ha inchiodato davanti per infilare l’uscita della tangenziale, tutto questo telefonando, non potrei mai negare uno svettante dito medio. No, non posso farcela. E se devo essere sincero con me stesso e con voi, credo che non riuscirò a fare nessuna delle cose che mi sono ripromesso. Va bene, ho trovato il buon proposito per quest’anno. Non inizio a drogarmi. 

sabato 11 agosto 2012

Maniac

Le chat sono posti come altri, alla fine. Trovi gente ottima e trovi squinternati. Ma uno dei beni più preziosi rimane un bel maniaco come si deve, di quelli con le carte in regola, professionale, che si impegna nel suo porco mestiere. Io, qualche sera fa, ne ho trovato uno e non ho resistito. Ed essendo questo uno spazio politicamente scorretto, non vedo perchè non condividere coi miei lettori il sottile piacere di un incontro con la follia. Signori e signore, vi presento N, un turbine di fantasioso erotismo e raffinata sensualità. Io, sono IO.

[00:43] N ciaooo
[00:43] IO ciao
[00:44] N come ti va
[00:44] IO  fa caldo
[00:44] N dove sei           
[00:45] N anche da me fa caldo
[00:46] N cosa vuoi fare
[00:47] IO sono indeciso se dimostrare il teorema di pitagora bendato in tedesco o recitare la divina commedia scalando la parete esterna di casa
[00:47] IO tu cosa ne dici
[00:48] N la  seconda
[00:49] IO e tu cosa fai nel frattempo
[00:49] N sono nudo
[00:49] N fa caldo
[00:50] IO è una notizia entusiasmante, sai
[00:50] IO ti ringrazio di avermi fornito questo prezioso aggiornamento
[00:50] N tu sei vestito
[00:51] IO sì, kilt e loden ma adesso il colbacco lo tolgo
[00:52] N metitti nudo
[00:52] IO dammi un solo motivo per cui dovrei
[00:53] N stando nudo potrei sukkiartello
[00:53] IO ma qualcuno te lo ha chiesto ? 
[00:54] N cosi ti rifrescavo
[00:54] IO e chiedermi se voglio una birra non era meno intimo e più opportuno ?
[00:55] N si ti davo una birra
[00:56] N tu bevevi e io sukkiavo
[00:57] N no parli piu
[00:57] IO ma è obbligatorio farselo succhiare per avere una birra ? minchia, frequenti locali strani tu
[00:58] N  no e io che lo voglio
[00:58] N  come c e l'hai
[00:58] IO  e ma non per essere scortese ma non ho nessuna voglia di farmelo succhiare da te
[00:59] IO e meno ancora di fornirti informazioni anatomiche riservate 
[00:59] N non ti piacciono le f
[00:59] IO sai, ho giurato di lasciare l mio corpo alla scienza per studi medici
[01:00] lO le f sarebbero ?
[01:00] N ti piaccino le femmine
[01:01] N io sono femmina
[01:01] IO strano, a 00:49 eri nudo con la o, hai avuto un cambio di sesso repentino
[01:02] N sono sempre io
[01:02] N io vado con tutte due
[01:03] IO sempre tu, giusto, vediamo un pò, identità sessuale altalenante e abbinamenti coito orale - luppolo
[01:03] IO  adesso sì che mi hai tranquillizzato, ora che so che vai con tutti e due sono più sereno
[01:04] N ti piace il sesso
[01:05] N  come ti piace farlo
[01:06] IO indossando una uniforme dell'esercito croato in genere, ma va bene anche una divisa nordista della battaglia di Gettysburg
[01:06] N  ti piace fare sesso
[01:07] IO sì, non come mettermi le dita nel naso ma mi piace
[01:07] N cosa ti pice fare
[01:08] IO di solito come prelininare fischietto alla mia partner l'Internazionale a pugno chiuso
[01:09] N  poi gli lecchi la fica
[01:10] IO no, leggiamo insieme qualche pagina del Capitale, quelle più intriganti
[01:10] N poi la tocchi
[01:11] IO sì ma coi guanti
[01:11] N  perhe con i guanti
[01:12] IO non è igienico toccarsi senza
[01:12] N io gli aprirei le gabbe e ci ficcherei la faccia
[01:13] IO cavolo ma tu sei una star del porno ne sai troppo 
[01:15] N tello sukkierei mentre pisci
[01:16] IO e aggiungi questi tocchi di raffinatezza che mi esaltano, veramente
[01:17] N hai fatto pippi
[01:17] IO calzelunghe ?
[01:18] N  no la tua piscia
[01:19] IO ph normale, glucosio anche, giallo paglierino, solo modesti sedimenti
[01:20] N mi piace berlo
[01:21] IO non avertene a male ma preferisco lo Champagne
[01:22] N se ti piscio a doso ti piace
[01:23] IO ti sconsiglio di provarci, anche se bisogna vedere se a te piace il fatto che io reagisca prendendoti a mazzate molto forti sul cranio
[01:27] IO bene, mio raffinato interlocutore, conscio di avere sprecato mezz'ora di vita ti auguro la buonanotte anche se mi chiedo se adesso torni in reparto o la terapia passi a prenderla in infermeria
[01.27] IO cari saluti e auguri al tuo psichiatra, ne ha bisogno

domenica 5 agosto 2012

Riqualificazione urbana

Riqualificazione urbana, la chiamano. Tradotto, demolizione di una vecchia fabbrica di fronte a dove lavoro. Ci sono anche stato dentro anni fa a chiedere il favore di aggiustare una sedia a rotelle, c’era da piegare un pezzo e serviva una morsa robusta. Gli operai erano gentilissimi, in tre minuti hanno fatto tutto, e invece il caporeparto si è incazzato. Ha detto che dovevo passare da lui per queste cose. Non dico i commenti degli operai quando se ne è andato. Hanno chiuso già da tempo, stanno ripulendo l’area, pare ci tireranno su delle palazzine. Esco dal lavoro diretto al parcheggio e sento un rumore diverso da quello delle solite ruspe. Guardo in alto e un macchinario al quale non so dare un nome sta letteralmente mordendo il tetto di uno dei capannoni, lo squarcio è già grande. Mi fermo a guardare mentre la macchina continua. Il tetto è già sparito quasi tutto, crollato all’interno tra nuvole di polvere. Adesso attacca le pareti, che si sbriciolano pian piano. Il rumore è assordante, tra motore della macchina e frastuono dei crolli.
Resto fermo a guardare per un tempo imprecisato, finché mi rendo conto di una cosa. Sono parte di un piccolo capannello di persone intente a guardare i lavori. Ci siamo io e due signori anziani che battezzo come pensionati, di cui uno con bicicletta e uno con nipotino al seguito. Il bambino guarda a bocca aperta quello che per lui è un enorme giocattolo, i due signori alternano commenti sull’andamento dei lavori a ricordi di come era il quartiere. Salto le riflessioni sul pre-pensionamento e mi metto a filosofeggiare pigramente. Sono presenti esponenti di tre generazioni, ma quello che avrebbe un sacco di altre cose da fare e sta veramente perdendo tempo quando di tempo non ne ha sono io. E a me, credo che il film fosse Maccheroni, viene in mente Mastroianni che dice a Jack Lemmon “ Com’è bello perdere tempo”. Avevo già in mano le chiavi dell’auto, le rimetto in tasca. Guardo uno dei due, che non aspettava altro, e gli dico “ Ma lei ha sempre abitato da queste parti ? ”

lunedì 9 luglio 2012

Emergency

Suono e aspetto. “ Lei ha suonato il campanello senza nemmeno guardare l’avviso “, con tono tra arrogante e seccato.  Mi giro e vedo una tizia col cagnolino al guinzaglio che mi guarda. Mi rigiro perplesso e vedo appeso alla vetrina un cartello che dice che in caso di emergenza bisogna chiamare il numero tal dei tali. Da questo punto inizia a salirmi un embolo di incazzatura pazzesco mentre la tizia sale le scale e comincia ad aprire la porta. Ah, sei tu la farmacista allora. Avrai anche preso la tua laurea in farmacia ma a psicologia stai a zero vero ? Brutta testa di cazzo, non ti viene in mente che se uno sta cercando la farmacia di turno di sera facendosi chilometri di strada fuori dell’orario di apertura forse è un po’ in agitazione, non particolarmente lucido,  magari va di fretta e a tutto pensa tranne che al tuo avviso? E a parte questo, maledetta stronza, dove sta scritto che per venire in farmacia sono obbligato a portarmi il cellulare ? Se fossi uscito di corsa e non lo avessi con me ? Se sei di turno stai dentro e ti fai trovare, brutta testa di cazzo (again).
Entro, commenti schifata i farmaci prescritti dalla guardia medica e me li metti in mano così come sono. Sprecarti a darmi un sacchettino no, vero ? Esco con un diavolo per capello, salgo in auto e mentre faccio inversione guardo il tuo negozio per quella che spero sia l’ultima volta della mia vita. E spero che presto ti aprano quattro farmacie gestite da gente cortese nel raggio di trecento metri, che liberalizzino la vendita dei farmaci dal fruttivendolo, dal benzinaio, in edicola e in tabaccheria e che domani tu possa sbagliarti e dare al sindaco e all’assessore alla sanità il lassativo più potente che hai invece delle compresse per il mal di testa.

giovedì 21 giugno 2012

Per me si va nella città dolente

Ho aggiunto un nuovo piccolo capitolo nella mia umana e personalissima enciclopedia delle cose da fare almeno una volta nella vita. Ed è la seguente. Stravaccarsi sul divano, nella mattina di un giorno feriale, con un pacco di biscotti (per chi fosse interessato, nella fattispecie erano frollini Coop ad imitazione degli Abbracci del Mulino Bianco, ma va bene qualunque tipo di biscotto mentre sono esclusi dolci al cucchiaio e gelati), e senza lasciarsi attrarre troppo l’attenzione dalle gambe di Angie “Legs” Dickinson ma concentrandosi su dialoghi e ambientazione, guardare una puntata di Pepper Anderson Agente Speciale che affronta lo scottante tema del racket del gioco d’azzardo. Tralasciare il momento in cui uno dei criminali minaccia un poliziotto dicendo “ Scommettiamo che se resti qui passerai un guaio ? “ e il poliziotto replica “Scommettiamo che se vai avanti avrai un bel buco nella pancia ? “, no, dico, puntata sul gioco d’azzardo e doppia battuta con la parola scommettiamo, io ti amo alla follia, sceneggiatore.
Invece, prestare spasmodica attenzione al momento clou, in cui Pepper e il collega per risolvere il caso fanno visita in carcere ad un vecchio boss mafioso malato di nome Tony o Vito Angelo, giusto un velato accenno di stereotipia tra suono di mandolini e profumo di pizza, che prima di aiutarli vuole sapere dal poliziotto, che gli ha svelato di avere lontane origini italiane, se ricorda cosa c’è scritto sulla porta dell’inferno nella Divina Commedia. E la cosa meravigliosa è che il tenente (o sergente?) lo sa. Lo sa. Non tutto, ma conosce a memoria l’inizio del terzo canto. Il tenente o sergente Crowley, del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, ha letto Dante Alighieri e lo sa. E glielo recita. E io, con la bocca piena di biscotti e sputazzando briciole che non so se raccoglierò mai dal tappeto, lo declamo con lui.

venerdì 8 giugno 2012

Cry Baby

Sto guidando in città sotto una pioggerella afosa e leggera. In sottofondo Janis Joplin. Davvero azzeccato, per una giornata grigia e triste tra una scossa di terremoto e l’altra. Il tergicristallo è lento e ipnotico. Vedo il semaforo in distanza attraverso la patina opaca sul parabrezza. Dovrei lavarli, ogni tanto. Verde, da troppo tempo temo. Giallo. Maledetto. Non ce la faccio a passare, rallento. Rosso. Uno dei semafori più lunghi di tutta Europa, credo. Mi adagio rassegnato in prima fila, paraurti sulla striscia dello stop.       
Iniziano a passare i pedoni. Scende dal marciapiedi una mamma con un passeggino, dentro un bimbetto che avrà un paio d’anni, sotto la calottina trasparente. Finisce la canzone. Il bambino piange, di un pianto disperato anche se muto perché ho i finestrini alzati e non lo sento. E nel momento esatto in cui è precisamente davanti al mio parabrezza, la mamma si ferma e prova a mettergli il succhiotto in bocca. E dalle casse riparte Janis. Cry Baby. E il bimbo sputa il succhiotto. Non lo vuole e riprende a urlare. La madre sconfortata rinuncia e riparte. E per una manciata di secondi, ho nel mio campo visivo la scena surreale di questo bimbo che piange a squarciagola con le manine serrate sui braccioli del passeggino e Janis Joplin che lo incita a piangere. “ … come on and cry, cry baby … “.
Viene verde, riparto prima che dietro cominci il festival del clacson. In mezzo all’incrocio mi giro appena e con la coda dell’occhio guardo il passeggino, dove il pupo sta ancora urlando. Non so se è bagnato, se ha fame, se ha sete, se ha sonno, se lo infastidisce il rumore del traffico, se vuole le coccole, se sono capricci, non so nulla di nulla, ma sorrido tra me e me e penso “ … chi se ne frega piccolo, urla urla urla a squarciagola e fatti sentire …”