giovedì 27 dicembre 2012
Natalizie Luci Allucinate
Una nuova puntata della mia piccola e
personalissima rubrica “Cose da fare almeno una volta nella vita”. E non potete dire
che non osservo le feste comandate, questa è anche natalizia. La mia proposta per
un Natale alternativo è la seguente. Iniziare la preparazione durante il banchetto
natalizio inzuppandosi in abbondanza di almeno tre sostanze alcoliche differenti di tipo
vinoso, quest’anno nel mio caso Barbaresco Pinot Nero e Champagne (un mio caro
amico teorizza che lo Champagne non è vino, ma ne parleremo un altro giorno).
Non è accettata la birra mentre sui superalcolici ho dubbi e in ogni caso
possono essere solo aggiuntivi e non alternativi. Serve un albero di Natale,
non sono importanti le dimensioni ma è tassativa e fondamentale la presenza di
luci a intermittenza rosse. No assoluto a luci fisse o di altri colori. Necessario
anche un divano, preferibilmente un due posti se siete abbastanza alti per
mettere la testa su un bracciolo e fare sporgere i piedi dal bracciolo opposto.
Non so bene il perché, ma è importante che il piede sporga. E non deve essere
nudo né con scarpa, mi raccomando. Utile il calzerotto di lana grezza e ruvida, fornisce quel
tocco rustico a una situazione che rischierebbe di apparire affettata e snob.
Ultima cosa richiesta, un lettore CD o un PC. La sistemazione consigliata è
lungo una unica retta caratterizzata da quattro punti ABCD con la sorgente
musicale (A) dietro la vostra testa (B) e in fondo ai vostri piedi (C)
l’albero di Natale (D). La procedura è la seguente. Creare il buio totale nella
stanza (al pomeriggio di Natale non è così difficile, suvvia). Avviare l’intermittenza
delle luci dell’albero alla massima velocità. Inserire nel lettore CD Halber
Mensch degli Einsturzende Neubauten ad alto volume. Mettere nel mirino, tra i
vostri piedi leggermente divaricati e scostati, l’albero di Natale e guardarlo
fisso possibilmente senza sbattere le palpebre. Inspirare profondamente.
Schiacciare play. Provare per credere
lunedì 17 dicembre 2012
Il Valzer del Ciclista Incosciente
Ondeggiante ciclista
In
precario equilibrio
Mentre
lento pedali
Sull’antica
due ruote
È
una nemesi strana
un
crudele destino
Quello
d’ogni mattina
Con
la pioggia o col sole
Incontrarti
al volante
Con
il tempo che stringe
E
una fretta dannata
Dondolante
ciclista
Questa
strada è già stretta
La
ciclabile pista
L’ha
scordata il comune
Se
ti sposti a ogni buca
Per
schivare i tombini
E
ti porti di colpo
Senza
segnale alcuno
Della
strada sul centro
Dove
io sto arrivando
Mi
rimangono solo
Le
tre opzioni seguenti
Che
ti vado a elencare
Oscillante
ciclista
O
rallento ed aspetto
Con
serena pazienza
Che
varrà il paradiso
il
tuo arrivo alla meta
O
ti salvo sterzando
Per
stamparmi sull’auto
Parcheggiata
innocente
sull’opposito
lato
O
sopporto due scarti
Inchiodando
di brutto
Ed
al terzo ti stiro
Come
un riccio d’estate
Barcollante
ciclista
Un
consiglio da amico
Se
io fossi al tuo posto
Credo
già domattina
Rivedrei
seriamente
Solo
cinque minuti
I
miei tempi d’uscita
accortezza
da nulla
non
trovarmi per strada
può
salvarti la vita
lunedì 10 dicembre 2012
Take a Walk On The Wild Side
Ti vedo spesso ultimamente quando
stacco la sera o arrivo per i turni notturni. Sei sempre ferma sul pezzo di
marciapiedi davanti al parcheggio, tra l’edicola e la fermata dell’autobus,
sotto la luce bianca e fredda dei lampioni che piega i colori. Sei alta, anche
senza tacchi, capelli neri lunghi, lisci, a volte sciolti a volte con la coda,
giubbino e jeans neri infilati negli stivali. Non sembri italiana. Non avrai
più di venticinque anni, ad esagerare. Spesso hai la sigaretta accesa tra le
dita. Anche stasera parcheggio, chiudo l’auto e inizio a camminare nella tua
direzione. Il solito via vai di auto, qualcuno rallenta, ti guarda, poi
accelera e se ne va. E’ presto per i clienti, c’è ancora abbastanza traffico
ordinario. Arrivo a pochi passi da te, vedo il tuo trucco, nero sugli occhi e
intorno, niente rossetto. Incrocio il tuo sguardo, provo ad accennare un
abbozzo di sorriso. E resto raggelato. Da quello che vedo nei tuoi occhi scuri.
Il vuoto totale, un deserto di assenza. Non so nemmeno se mi hai veramente
visto, figuriamoci rispondere al sorriso. Non mi hai guardato, mi hai scattato
una foto segnaletica e messo nel tuo archivio. Per te io sono se va bene un
passante, se va male un maniaco o un rapinatore. Una volta incasellato come non
problematico, per te non esisto più, posso scomparire.
E poi, sono lì le tue
gambe lunghe e il tuo seno che si intuisce sotto il giubbino. Ma tu non sei lì.
Sei altrove. Un qualunque altrove che non sia quella strada dove tra un po’ le
auto cominceranno a inchiodarti davanti col finestrino abbassato. Una luce blu
in distanza, una volante che si avvicina lentamente, ti passa davanti, i
poliziotti ti guardano e tirano dritto. Fa freddo, nuvolette di fiato a ogni
respiro. Ti passo accanto, si vede che stai gelando e mentre ti supero penso
che sarebbe bello andarti a prendere un caffè e offrirtelo. Poi mi dico che non
sei stata capace, o non hai avuto voglia, di rispondere a un sorriso,
accetteresti mai un caffè ? Perso in questi pensieri continuo a camminare e
sento un vociare alle mie spalle. Mi giro. Tre ragazzi in bici che urlano, non
so se sono sbronzi, hanno voglia di fare i cretini, uno si ferma da te. Dal
lato opposto a quello da ove era arrivata, la volante ha fatto inversione e
ricompare, si ferma. I poliziotti scendono e fermano i tre. L’ultima cosa che
vedo sei tu, una statua vestita di nero sul ciglio della strada, che guardi la
scena quasi con disinteresse. Alzo il bavero del giaccone e accelero il passo.
lunedì 3 dicembre 2012
Don't worry, be happy
Da qualche giorno si parla di
primarie in ogni dove. E il PD le fa ma discute sulle regole e dicono che si
imbrogliano. E il PDL le fa ma forse non le fa però pare che le facciano ma non
è detto. A me, che sto pensando di proporle nel mio condominio candidandomi a
leader della corrente del mio pianerottolo, è scattata in testa una strana associazione.
Continuo a canticchiare tra di me “ … primarie sì primarie no, le primarie non
si fanno alla faccia di Alemanno … “ sulla musica di La terra dei cachi di Elio
e le storie tese. Poi mi è ricapitata sott’occhio una vecchia foto. E mi sono
di nuovo reso conto che a destra stanno
facendo tanto teatrino in attesa di sapere se questo signore si ricandida. Sì,
proprio questo. Ha fatto il presidente del consiglio. E sta pensando se
proporsi per rifarlo. Sì sì, avete capito bene, quello con quel coso strano in
mano. Presidente del consiglio. E allora basta. Non voglio più parlarne. Voglio
dedicare qualche parola a un dramma umano. Quello dei membri della sua scorta. Guardate
le loro espressioni. Non sono gente felice. Ma io in particolare sono toccato
dallo sguardo del signore cerchiato in rosso. Credo sia il caposcorta. Quindi,
riassumendo, uno che per guadagnarsi la vita passa le giornate incollato alle
terga dello strano personaggio di cui sopra, terga che da fonti informate sui
fatti pare siano pure flaccide, avendo come panorama una splendida vista dall’alto
di una coltivazione di chiome sintetiche.
Capite bene che ha mille motivi
di essere perplesso. La sua espressione vuole dirci qualcosa. La domanda che mi
sono posto è cosa. Ho cercato di mettermi nei suoi panni e tradurre il suo
sguardo in pensieri e sentimenti. Mi sono uscite le seguenti ipotesi su quello
che sta pensando quest’uomo. Votate la vostra preferita e la userò in campagna
elettorale. Naturalmente, in sede di commento ognuno è libero di aggiungere la sua personale interpretazione.
01 - Voto Renzi o Bersani ?
02 - Aveva ragione nonna a dirmi di rimanere con lei a fare il
coltivatore di azalee
03 - Il mio collega scorta ancora la Minetti ma alla prossima
riunione sui turni mi sentono
04 - Se adesso urla ancora una volta “Alabarda spaziale” giuro che mi
licenzio
05 - Ci sta provando, ma la seminfermità mentale secondo me non se la
bevono
06 - To be or not to
be ?
07 - Non ne posso più, i miei figli a scuola diventano
rossi e dicono che papà fa il benzinaio
08 - Ma stiamo proteggendo lui dalla folla o la folla da lui ?
09 - Sette anni alla pensione sette anni alla pensione sette anni alla
pensione …
10 - Se mollo questo starnuto gli devasto il pratino cranico tipo ciclone,
devo tenerlo
Un'ultima cosa, bodyguard. Sarai alto due metri, peserai un quintale, sarai armato fino ai denti , esperto di tecniche di combattimento e conoscerai dodici arti marziali con almeno otto colpi mortali. Niente di personale, si fa per sdrammatizzare e riderci un poco sopra, si è capito vero ?
sabato 24 novembre 2012
Girls On Film
L’appetito vien mangiando,
dicono. Era andata bene con le riviste, perché non proseguire con l’escalation.
Dopo non tanto tempo chiuse, lo sventrarono e ora ci sono miniappartamenti e
uffici, credo, ma allora c’era un cinema. Programmazione varia, un po’ di
tutto. Il primo vietato ai minori di quattordici lo vedemmo lì, anche se forse
ne avevo ancora tredici. C’era mezza scuola quel sabato pomeriggio a vedere
Quaranta gradi all’ombra del lenzuolo. A proposito, meglio tardi che mai,
grazie di cuore a Barbara e Edwige e a tutte le altre. Ma il soft non bastava
più, non bastavano docce e strip. E nel frattempo la programmazione del cinema virava
sempre più verso l’hard, già era diventato un rito allungare il ritorno da
scuola per andare a guardare i cartelloni esposti. Un pomeriggio d’autunno, di
quelli quando fa buio in pratica subito dopo mangiato, ormoni galoppanti e film
in programmazione si mescolano in un cocktail micidiale. Qualcosa che aveva a
che fare con carceri e piacere e detenute, vietato ai minori di diciotto anni.
Partiamo. Dieci minuti a piedi da casa e siamo davanti al cinema, con
adrenalina e pulsazioni in ascesa verticale. Già l’ingresso è spassoso, in
fila, sembriamo dieci piccoli indiani anche se siamo cinque. Chi capeggia la
fila e dovrà andare a chiedere i biglietti è inutile che ve lo dica, credo. Mi
impettisco, cerco di sembrare il più alto possibile e di parlare con la voce
più bassa possibile, mi dirigo alla biglietteria e con fare disinvolto chiedo
cinque biglietti per la galleria. Dentro la biglietteria ci sono due tipi e uno
dei due mi chiede quanti anni ho e se ho un documento. Io non solo non avevo
frequentato molto il catechismo quindi ero abbastanza a digiuno di comandamenti,
mentivo e desideravo la donna d’altri (qualunque donna in quel periodo, ad
essere obiettivi), ma per entrare in quel cinema avrei detto anche che ero il
nipote di Mubarak. Con nonchalance rispondo diciotto e faccio la scena di
frugarmi in tasca prima di allargare le braccia sconsolato e dire che l’ho dimenticato
a casa. Il tipo ghigna e si rivolge all’altro in dialetto con una frase del
tipo “Eh certo, diciotto, con quella barba folta che ha” seguita da doppia
sghignazzata. Avrò avuto otto peli sul mento e tre sulle guance, prendo la
frase come un segnale negativo, ero un ragazzino sveglio io. Mi giro verso gli
altri quattro piccoli indiani con fare interrogativo sul da farsi e proprio in
quel momento dalla sala proiezione esce uno spettatore. E per una frazione di
secondo, prima che la porta si richiuda, intravediamo lo schermo dove va in
onda un accoppiamento che sembra essere di buona soddisfazione per la signorina
coinvolta, a giudicare dai gemiti. L’esortazione, sempre dialettale, “Allora
ragazzi non è ora di andare a casa ? “ rompe la magia e ci teletrasporta
all’uscita più veloci della luce. Ci rituffiamo nel cupo autunno, qualcuno mi
prende per il culo perché non ho abbastanza barba, gli dico la prossima volta
ci vai tu così ti guardano e ti dicono che hai pochi peli sul culo, schivo
agilmente una manata nelle palle e mentre ci incamminiamo verso casa tutto finisce
sotto una risata omerica.
… ten years later …
Tutto comincia con una risata
omerica già all’ingresso, adesso ci muoviamo in auto e ci siamo già fatti un
discreto numero di bianchini ma null’altro è cambiato. Era un caso raro credo,
quello di un cinema specializzato in film hard, film nuovo ogni giorno, ultime
uscite, con la particolarità di essere situato proprio di fronte alla
parrocchia. Niente cartelloni esposti e nemmeno titoli, un tacito accordo dopo
una causa vinta dal cinema, mentre il parcheggio era condiviso tra devoti
frequentatori dell’uno e dell’altra, col vantaggio che nell’imbarazzante caso
di incontro con persona conosciuta si poteva giocare la carta di una improvvisa
conversione, di una impellente necessità di confessarsi, del mettersi avanti
col corso prematrimoniale anche se magari non si aveva nemmeno la ragazza. Per
tacere della eventuale possibilità di confessione immediata in caso di
cedimenti peccaminosi, bastava attraversare la strada.
“Padre, ho peccato.”
“Quante volte, figliolo?”
“Due, una nel primo tempo e una nel secondo.”
“Dieci Ave Marie e dieci Pater Noster, figliolo. Com’era il
film ?”
“Niente male, padre, ma quello dell’altro ieri era meglio.”
“Ego te absolvo, vai in pace. Domani c’è Moana.”
“Grazie, padre. Sempre sia lodata.”
Ma torniamo al cinema. Quella
sera era una occasione speciale. Un evento, il primo film porno in 3D che
davano in città. Possiamo mancare? Certo che no, presenti all’appello. Non era
pieno, era murato. C’erano tutte le compagnie della città, credo di aver
salutato più gente quella sera che in discoteca. Clima da happening, entusiasmo
alle stelle. Si spengono le luci, tutti si infilano gli occhialini e via, si
parte, titoli di testa che scorrono. Interno stanza e dallo schermo, proteso
verso le nostre teste, si materializza ed esce un mirabolante, mostruoso,
smisurato organo genitale maschile. Parte un boato da curva nord dello stadio.
Il mio vicino di posto inizia a ridere e dice “ Qua se arriva una tette al
vento è panico alle uscite di sicurezza ” e dal fondo della sala qualcuno urla
“Cazzo ma quando viene questo oltre agli occhialini ci danno anche gli ombrelli?
”, altra esplosione di sghignazzate. Penso tra me e me che probabilmente il
glorioso Ritz Erotic Movies non ha mai visto tanta ilarità nella sua onorata carriera
di serio cinema porno, capisco che sarà una lunga serata e cerco una posizione
comoda sulla poltroncina di legno.
domenica 18 novembre 2012
Ore Liete
Uno spin-off dal post precedente.
Dedicato a tutti gli adolescenti moderni nativi digitali che non hanno mai
provato l’emozione di andare in edicola a chiedere riviste sconce. Adesso è
tutto fin troppo facile, un clic su Youporn e hanno un mondo che noi nemmeno
immaginavamo sullo stesso monitor dove scopiazzano le ricerche scolastiche da
fonti inaffidabili. Per di più col sonoro, mentre per noi il porno è stato muto
per anni e per urla e gemiti dovevamo lavorare di fantasia. E la frequentazione
di siti hard tra i ragazzi deve essere una pratica molto comune, a giudicare
dalla velocità con cui compare una schermata nuova sul monitor quando entro in
camera di mio figlio.
Ma per noi era diverso. L’acquisto era pianificato
strategicamente, a partire alla scelta dell’edicola. Ce n’erano due in zona ma
quella dell’ospedale era considerata impraticabile, troppa gente, un viavai
continuo mentre il prelevamento dell’oscuro oggetto del desiderio (perdonami,
Luis) doveva essere rapido e senza testimoni. L’altra invece era perfetta.
Situata lungo una strada di traffico intenso quindi frequentata in prevalenza da
forestieri e non da residenti, ci si accedeva da un sottopassaggio e
l’edicolante era noto per non guardare troppo per il sottile sull’età degli
acquirenti, oltre ad avere come occhiali due fondi di bottiglia che, beata
ingenuità, credevamo avrebbero reso più facile giocare al rialzo sulla nostra
età in modo convincente. Suppongo sia morto e che in ogni caso il suo eventuale
reato sia prescritto, quindi pace all’anima sua e grazie. Avevo una discreta
faccia di bronzo e ero il più alto della masnada, quindi potenzialmente quello
che più poteva sembrare un diciottenne, toccava a me. Il commando era appostato
all’uscita dal sottopassaggio in attesa del momento propizio. Non c’erano
clienti, i marciapiedi nelle due direzioni erano sgombri fino a una distanza
ragionevole, l’arrivo di un’auto che si fermava era una possibilità, ma nella
vita bisogna pure correre qualche rischio.
Ecco il momento. Vai. Il resto del
gruppo aspettava sbirciando, mentre io con fare disinvolto e il cuore a mille
mi avviavo verso il lato sinistro dell’edicola. Un paradiso pudicamente
protetto da una tenda verde. Una rapida occhiata, Le Ore l’altra volta non era
granchè, OV ha una copertina niente male ma prendo Caballero. Afferro e porgo,
senza parlare. E lui coi suoi fondi di bottiglia cerca il prezzo sulla
copertina. Cazzo, lo so io il prezzo e non lo sai tu che lo vendi, ho i soldi
contati, sbrigati per la miseria. Eccolo. Lo avvolgo a cilindro sperando che
non sbuchino troppi particolari anatomici dalle parti che restano in vista, e a
passo di carica mi avvio al sottopassaggio. E’ fatta. Cerchio di ragazzini in
religioso silenzio alle mie spalle, sacerdote officiante la blasfema cerimonia del
primissimo sfoglio. Ma era solo un attimo, una rapida consultazione, sotto i
sottopassaggi passa gente, lo dice il nome. Oddio, non credo che in caso di
mancata soddisfazione avrei avuto la faccia di tolla di andarlo a cambiare. E
in ogni caso eravamo sempre soddisfatti, in molti sensi se mi si perdona la
bassissima battuta. Prima di uscire dal tunnel, il prezioso bottino finiva
sotto la maglia di qualcuno e noi ridiventavamo un innocuo gruppetto di
ragazzini, che con un segreto inconfessabile raggiungeva il garage che avevamo
adibito a sala di pornoconsultazioni.
Tutto questo durò diverso tempo. Finchè un giorno mia madre mi disse guardandomi distrattamente “ Sai che la signora tal dei tali mi ha detto che ti ha visto in edicola ? “. Gelo, dentro e fuori. Mia madre aveva sguardi indecifrabili e l’arte dell’allusione, quindi devo ancora capire se la signora si era limitata a dire di avermi visto o aveva aggiunto, Dio non voglia, che mi trovavo nell’ala peccaminosa. Non ritenni opportuno proseguire il discorso e non ho mai più avuto occasione di chiederglielo. Ma fu spunto di riflessione e autocritica. Era giusto quello che facevamo? Stavamo sbagliando? Non potevamo continuare così. Bisognava cambiare, stavamo diventando grandi. E così fu. Avevamo i motorini adesso. Cambiammo edicola.
Tutto questo durò diverso tempo. Finchè un giorno mia madre mi disse guardandomi distrattamente “ Sai che la signora tal dei tali mi ha detto che ti ha visto in edicola ? “. Gelo, dentro e fuori. Mia madre aveva sguardi indecifrabili e l’arte dell’allusione, quindi devo ancora capire se la signora si era limitata a dire di avermi visto o aveva aggiunto, Dio non voglia, che mi trovavo nell’ala peccaminosa. Non ritenni opportuno proseguire il discorso e non ho mai più avuto occasione di chiederglielo. Ma fu spunto di riflessione e autocritica. Era giusto quello che facevamo? Stavamo sbagliando? Non potevamo continuare così. Bisognava cambiare, stavamo diventando grandi. E così fu. Avevamo i motorini adesso. Cambiammo edicola.
giovedì 8 novembre 2012
Erotic Line
Serata tra amici di
parecchi anni fa, non ricordo se il pretesto dell’invito a cena era una partita
di calcio, un compleanno o chissà cos’altro, ma alla fine poco cambia. Le ore
si fanno piccole e il tasso alcolico alto. Parte un giro di zapping televisivo.
Tra televendite di pentole e materassi, film inguardabili e documentari
micidiali, sbucano le pubblicità delle hotline telefoniche. Risate sbronze,
commentacci, battute da caserma, ogni genere di sconcezza. Non siamo mai stati
una comitiva di seminaristi, lo ammetto. A un certo punto il padrone di casa
parte verso la cantina per l’ennesimo doveroso rifornimento. Commettendo un
errore terribile. Siamo a un piano alto di un palazzo in centro storico, senza
ascensore, e lui lascia lì il cellulare acceso, nelle mani di una manica di
criminali. Quando la porta si chiude dietro le sue spalle, non c’è neanche il
tempo di dire “Dai dai chiamiamo la maialona bionda” che qualcuno sta già
facendo il numero. Per una misteriosa
usanza del gruppo, fin dai tempi in cui da ragazzini era mio compito chiedere
all’edicolante le riviste porno, passando per il periodo romagnolo in cui andavamo
a chiacchierare con la variopinta fauna che batte sul lungomare di Rimini e io
ero stato eletto addetto ai dialoghi, per arrivare ad oggi, quando ci sono da
fare cazzate che richiedono chiacchiera sciolta e faccia da culo io non so
perché ma ci sono sempre in mezzo. No, forse lo so benissimo, ma ne parliamo
un’altra volta.
Fatto il numero e presa la linea, il delinquente passa in viva
voce e mi molla in mano il telefono. Mi risponde una lei che si presenta con
nome esotico e si descrive come una via di mezzo tra una pin-up e una battona
da tangenziale. Ricordo, random, labbra carnose quarta di seno perizoma. Pareggio
il conto delle spudorate falsità descrivendomi come una specie di Bronzo di
Riace in boxer, e ancora non ho capito cosa avesse il mio pubblico di imbecilli
da sghignazzare. Segue la domanda “ Dove sei ? “ alla quale non devo fare
grossi sforzi di fantasia dato che su un divano sono e “ Sul divano” rispondo. Lei
mi informa che è sul letto e, ci tiene a precisarmelo nel caso avessi dubbi,
con le gambe aperte e tutta bagnata. La domanda successiva è “ Ti stai
toccando? ” dove prima devo mascherare un convulso di riso per il commento di
un idiota seduto sulla poltrona di fronte che insinua che dovrei almeno
trovarlo e poi resistere alla tentazione di chiedergli se per caso l’ho
lasciato da sua sorella.
Ma il momento clou è quando lei mi chiede miagolante
“Cosa mi faresti se fossi lì con te? “ E io, cercando di Eastwoodizzarmi con la
voce più maschiovirilsensuale che riesco a fare, suscitando una standing ovation
di risate dei presenti le dico “Ti farei
un pigiamino di saliva, piccola”. E dentro di me elevo una silenziosa preghiera
al dio della celluloide supplicandolo di avermi fatto imbattere in una cinefila
e sognando che lei mi risponda ridendo “ Va bene Clint, allora sono tua, prendimi
maschione”. E invece non è così. Lei, maledetta, non ha visto Tightrope, non sa
chi sono Gunny Highway, l’Ispettore Callaghan e nemmeno il texano dagli occhi
di ghiaccio, mi prende sul serio e per ricambiare l’umido pigiamino inizia con molto
impegno e poca credibilità a prospettarmi un paradiso di prestazioni orali
sulle quali io mi ammoscio psicologicamente (non fraintendete, vi prego,
sull’altro versante non era successo nulla e nulla c’era da ammosciare) e
chiudo la conversazione.
Qualcuno lancia l’idea di salvare il numero in memoria
con un nome femminile e fare una soffiata alla fidanzata dell’amico di
controllargli il telefono, cosa che viene accolta da unanime approvazione. Ma
la bieca congiura viene sventata dal rientro del padrone di casa che dopo
passaggio in cucina a stappare arriva, guarda la tele coi numeri in
sovraimpressione a un tripudio di chiappe e tette, guarda me col suo telefono
in mano, fa due più due, capisce la tragedia appena accaduta e mi salta addosso
mentre io lancio il suo telefono a uno dei criminali. Nasce una colluttazione
sul divano, dove subisco dato che sto ridendo a crepapelle e non ho la forza di
difendermi. Il cellulare torna nelle mani del legittimo proprietario, che
verifica sconsolato la sonora decurtazione al suo credito. Come sconsolato sono
io adesso, che rifletto sul fatto che il numero probabilmente era un 144, il
credito era in lire e Sharon Samantha Cindy Jasmine o come cavolo si chiamava
forse adesso è nonna. E si mette un pigiama di flanella. Tempus fugit.
mercoledì 31 ottobre 2012
Halloween Again
Suonano. Scampanellata breve,
quasi timida. Che palle, sempre qua gli scocciatori. Seguita da un bussare
discreto alla porta. Lampo nel cervello. Cazzo, è Halloween, i bambini. Troppo
tardi, non la scampo. Ho Loverman a tutto volume, sanno che sono in
casa, e fingermi morto non mi sembra una buona idea anche se a pensarci sarebbe
molto in tema. Mi sa che devo aprire. Non faccio in tempo a mettere i
Darkthrone e non mi sono vestito da Freddie Krueger come mi ero ripromesso
l’anno scorso. Scelgo una via di mezzo, apro con passo lento e sguardo truce e
guardo in basso pronto a fulminare il bambino o bambina di turno che viene a
scartavetrarmi le palle con Halloween. Una gonna di panno nero, due scarpe nere
di foggia datata. Minchia, bambina, o ti hanno truccata molto bene da strega o
sei invecchiata molto da stamattina, quando sei uscita per andare a scuola e ti
ho incrociata per le scale avrai avuto nove o dieci anni, non di più, e adesso
sembri mia nonna.
Guardo più in alto e qualcosa non torna, troppe rughe e so di
cosa parlo. Non è una bambina, è la signora del piano di sopra. E resto
perplesso. Signora, va bene sentirsi giovani e in forma, va bene che a
somigliare a una strega non fa tutta questa fatica, ma non le pare che a
settant’anni sia poco decoroso andare in giro a festeggiare Halloween come i
bambini delle elementari ? Poi penso che questa crisi sta picchiando duro, è
proprio vero che la gente non arriva a fine mese se il trentuno Ottobre una
pensionata per mangiare qualcosa deve andare a fare dolcetto o scherzetto in
giro. La signora, ignara del turbine di pensieri dietro il mio sguardo assente,
mi informa che sono cambiate le date per l’esposizione dei contenitori della
differenziata e mi consegna il nuovo schema. E io, mancato incubo con la pelle
carbonizzata, la risata maligna e le unghie ad artiglio, lo prendo, la
ringrazio e me lo infilo in tasca. E stanotte non mi infilerò nei sogni di
nessuno in Elm Street. Ma Venerdì devo ricordarmi l’organico, e Sabato la carta.
lunedì 29 ottobre 2012
Old Man Take A Look At My Eyes
Qualche giorno fa, guardando la
tele, ho visto una cosa che mi ha colpito molto. Credo fosse un documentario, o
un dibattito, sulle problematiche della terza età. La casa di riposo era
bellissima, sembrava una clinica di lusso, arazzi alle pareti, fregi, arredo
elegante. Intervistavano un signore anziano. Vicino a lui c’era un tizio che
non ho capito se era l’infermiere, il badante, il maggiordomo o cosa. Certo non
aveva la faccia rassicurante, sembrava una via di mezzo tra il gobbo di Notre-Dame
e Lurch della Famiglia Addams. Comunque, quel signore non stava per nulla bene.
A parte le rughe, lo sguardo fisso, le difficoltà di parola e di respirazione,
la pelle del viso che sembrava di plastica e una cosa strana sulla testa, una
specie di lanugine più corta del resto dei capelli e anche di colore un tantino
diverso, erano le cose che diceva che mi hanno lasciato perplesso.
Poveretto,
sembrava soffrisse di una forma di mania di persecuzione. A sentire lui tutti
ce l’avevano con lui, lo perseguitavano, lo odiavano, capi di stato stranieri
gli ridevano dietro per deteriorare la sua immagine e la sua credibilità
internazionale, i giudici lo processavano perché non avevano altro da fare.
Giuro, dava perfino l’impressione che avesse manie di grandezza, in certi
momenti sembrava che credesse di essere stato uno statista, addirittura
presidente del consiglio. Poi però poveretto si deve essere confuso, deve
essersi ricordato di quando giocava a
calcio da giovane e ha cominciato a dire che non scendeva in campo ma forse sì
e faceva il passo indietro. Poi ha iniziato a delirare, a dire che dava soldi a
nipoti minorenni di qualcuno che facevano le maggiorate maggiorenni per
costruire ospedali in Sud Sudan Africa dove Bertolaso avrebbe allenato il Milan
per giocare contro la sinistra per guarire dallo spread, il tutto sparando
cifre a caso e parole in libertà.
Cazzo, parli con la Merkel, con Draghi, con
Juncker. Bund è una parola tedesca. Non puoi pronunciarmela “band”. Non puoi.
Ah sì, tu puoi. Tu che hai pronunciato Google “Gogol”, puoi.
lunedì 22 ottobre 2012
Reggio Calabria - 22 Ottobre 1972
Sì, lo so, mi sono intrippato con
gli anniversari, ma stavolta non è colpa mia. E’ stata una catena di eventi che
mi ha portato qui. E chi sono io per oppormi al destino ? Sentivo parlare da
diversi giorni di Reggio Calabria, comune sciolto, infiltrazioni e contiguità
criminali, e c’era qualcosa che mi ronzava in testa. Mi è venuta in mente questa
canzone, me la sono riascoltata, e quando ho colto la data della manifestazione
ho capito che mi stava chiamando per essere pubblicata. Oggi, quarant’anni
dopo. E ho obbedito. Credo che in molti non l’abbiano mai sentita, e che per i
pochi che già la conoscono sia un ricordo gradito. Per lasciare più spazio a eventuali
commenti, mi dico alcune cose da solo. Veterocomunista, sinistrorso, bolscevico,
sovversivo, stalinista, centralista, fuori dal mondo, non al passo coi tempi.
No, con questi tempi dove si stanno massacrando i diritti dei lavoratori e quel
po’ di welfare che c’era, costruiti anche grazie alle lotte e alle
manifestazioni come quella della canzone, non credo di avere una gran voglia di
stare al passo.
Dimenticavo, a proposito di anniversari, nel post precedente ho
dovuto fare una scelta, il nove Ottobre era anche l’anniversario della morte di
Che Guevara. Rispetto per il combattente e per le idee e per i valori, ma non
ho mai avuto la maglietta con la sua faccia, né l’adesivo sull’auto, non me lo
sono tatuato addosso e diciamo anche che “Hasta siempre comandante” dopo due
ascolti fa venire sonno. E allora, per motivi estetico-emozionali, ha vinto
Paolini ai punti. Una eventuale finale con la Marini sarebbe un bello scontro.
martedì 9 ottobre 2012
Vajont - 9 Ottobre 1963
Duecento metri. Cristo Santo, cosa
sono duecento metri d’acqua ? Come fai a pensarli, a vederli, a immaginarli,
duecento metri d’acqua che scavalcano una diga e ti arrivano addosso ? Non si può. Puoi solo lasciartelo
raccontare, ascoltare e farti prendere a
pugni nello stomaco dall’emozione, perché capire non si può. Ma so una cosa.
Finché guardo questo e mi si chiude la gola, finché guardo questo e non riesco
più a respirare, finché guardo questo e ho voglia di mettermi a piangere, sono
vivo.
venerdì 5 ottobre 2012
Welcome To The Lifeboat Party
Sedi
delle regioni piene di finanzieri a frugare tra i rimborsi e non solo. Feste
romane coi maiali travestiti da maiali e le maiale travestite da ancelle. Festa
a carattere sociofecalpolitico sul tema “Siamo nella merda fino al collo”, che
mi sembra perfetta vista la quantità di facce da culo tra i presenti. E io che
parlando con qualcuno che mi chiedeva se mi era piaciuto “Che la festa cominci”
di Ammaniti avevo risposto che secondo me era un po’ sopra le righe. In
confronto sembra il catechismo. E adesso tutti a gridare allo scandalo, come se
fino ad ora avessimo vissuto con Alice nel paese delle meraviglie. No, dico, ma
ci siamo scordati di che nazione stiamo parlando ? Signori, lo facciamo un
ripassino per capire dove ci troviamo ? Guardiamo una foto di qualche anno fa,
non millenni, e facciamo un gioco ?
Una specie di test di Rorschach
con una foto al posto delle macchie, io di psicologia ne so più o meno come un
carciofo ma possiamo provare a fare il test. Solo una foto, ma sono sicuro che
se voi mi dite cosa vedete nella foto io vi so dire a che paese state pensando.
Provare per credere.
Allora, secondo voi la signorina
nella foto è …
1) Una ricercatrice scientifica
premio Nobel giunta per un convegno
2) Una profuga politica leader
dell’opposizione a un feroce regime
3) Una campionessa sportiva
reduce da trionfi olimpici
4) Un magistrato impegnato in un
pericoloso processo
5) Una famosa giornalista
titolare di una scottante inchiesta
6) Una ballerina di flamenco che
l’allora settantatreenne presidente del consiglio di quel paese, a spese dei
cittadini, ha fatto viaggiare su un volo di stato insieme a musicisti nani e
ballerine varie per condurla a una festa privata piena di diciottenni seminude
in una delle sue ville
1) State pensando a un paese ad alta alfabetizzazione, in cui ricerca e formazione sono tenuti in grande considerazione, i fondi per l’istruzione sono in crescita, le università sono di ottimo livello e da cui non fuggono cervelli
2) State pensando a un paese tollerante e aperto all’integrazione, di grande accoglienza verso le persone che provengono da regimi oppressivi o da zone che sono teatri di guerra e persecuzioni, lontano da razzismi e xenofobie
3) State pensando a un paese con impianti sportivi di grande livello, una alta cultura sportiva, senza incidenti negli stadi, con una diffusione di massa delle attività sportive a partire dalle scuole ed un elevatissimo numero di praticanti
4) State pensando a un paese con una giustizia imparziale, veloce, efficiente, senza ingerenze della politica, in cui tutti i cittadini sono veramente uguali davanti alla legge e nessuno può mettersi a priori al riparo da eventuali processi
5) State pensando a un paese con una informazione pluralista, non concentrata in poche mani, libera e critica, senza controlli e ingerenze da parte di poteri forti né da parte di politici, pronta alla denuncia critica e al servizio del cittadino
6) State pensando all’Italia, cazzo !!
venerdì 21 settembre 2012
Wake Me Up When September Ends
" ... l'estate sta finendo, e un anno se ne va … “
A conferma della mia tesi secondo
cui il vero inizio del nuovo anno è Settembre, la testimonianza di uno dei più
grandi gruppi che mai abbiano calcato i palcoscenici italiani. I Righeira. E un
aneddoto estivo sul tempo che passa. Pigro pomeriggio familiare in piscina, qualche
anno fa. Il mio piccolo sta scarabocchiando coi colori che ci portiamo sempre
dietro per tenerlo sotto l’ombrellone e evitare che passi ore al sole a
ustionarsi. Suo fratello, disegnatore compulsivo e il liceo artistico nel
destino, gli ruba un pennarello e si mette a disegnare furiosamente qualcosa che sta tra i manga e la Roma del II secolo d.C. Lo guardo
per un pò poi quasi per scherzo gli dico “ Dai, fammi un ritratto”. Mi guarda
perplesso, ci pensa su, poi risponde “Ma sì dai, mettiti in posa”. Mi metto in
posa di tre quarti cercando di rimanere fermo, cosa non facile, e cercando soprattutto
di assumere un’aria il meno ebete possibile, cosa ancora meno facile. Ogni
tanto lo guardo di sbieco e vedo che è impegnatissimo. Passa un tempo
imprecisato e non resisto più fermo, così gli chiedo “ A che punto sei ? ” E
lui serissimo risponde “ Non ho ancora finito”. Guardo il disegno. Per me, che ancora
adesso disegno un essere umano con un cerchietto e alcune lineette, è perfetto.
Gli chiedo “ Come, non è finito ? “ E qui arriva la morbida pugnalata a
tradimento. La dolce staffilata. Il tenero morso della serpe covata in seno. Mi
guarda in faccia e con assoluta, pura, incosciente innocenza mi dice “Devo
ancora farti le rughe” .
Come vedete, è un perfezionista senza alcuna pietà. Me le ha fatte.
Aveva ragione Cormac McCarthy. Non è un paese per vecchi.
“ … sto diventando
grande, lo sai che non mi va … “
domenica 16 settembre 2012
In morte di un poeta
Ulisse Coperto Di Sale
Vedo le stanze imbiancate
tutte le finestre spalancate
neve non c'è, il sole c'è,
nebbia non c'è, il cielo c'è!
Tutto scomparso, tutto cambiato
mentre ritorno da un mio passato
tutto è uguale, irreale
sono Ulisse coperto di sale!
E' vero la vita è sempre un lungo, lungo ritorno
ascolta io non ho paura dei sentimenti
e allora guarda, io sono qui,
ho aperto adagio adagio con la chiave
come un tempo
ho lasciato la valigia sulla porta
ho lasciato la valigia sulla porta.
Ho guardato intorno prima di chiamare, chiamare
non ho paura, ti dico
che sono tornato per trovare, trovare
come una volta
dentro a questa casa
la mia forza
come Ulisse che torna dal mare
come Ulisse che torna dal mare.
Una mano di calce bianca
sulle pareti della mia stanza
cielo giallo di garbino,
occhio caldo di bambino!
Tiro il sole fin dentro la stanza
carro di fuoco che corre sul cuore
perchè ogni giorno è sabbia e furore
e sempre uguali non sono le ore!
Voglio dirti
non rovesciare gli anni come un cassetto vuoto,
ascolta
anche i giovani non hanno paura di un amore
e mai, mai, mai strappano dal cuore i sentimenti
io ti guardo
la tua forza è un'ombra di luce
la tua forza è un'ombra di luce.
La mano affondata nel vento del vento...
aria calda, urlano quelle nostre ore
strette in un pugno
urlano come gli uccelli,
i sassi si consumano, non si consuma la vita
la giornata è uguale a una mano che è ferita
io sono Ulisse al ritorno
Ulisse coperto di sale!
Ulisse al principio del giorno!
sabato 1 settembre 2012
New Year's Day
Lo so che non è il primo di
Gennaio, ma per me da un po’ di tempo a questa parte è già un risultato
rilevante sopravvivere all’estate. A questo aggiungete che, per motivi che non
ho voglia di stare qui a spiegare adesso, il primo di Settembre di diversi anni
fa ha segnato per me un notevole cambiamento. Quindi, che vi piaccia o no, per
me oggi è Capodanno. Tutti a Capodanno fanno i buoni propositi, io li faccio
adesso.
Ho individuato una serie di cose che dovrei smettere di fare e le
relative azioni correttive che sicuramente faranno di me un uomo migliore. La
prima cosa è smettere di voltarmi a guardare le donne per strada. Questo è
facile, ho già ricominciato gli esercizi per rafforzare la muscolatura dei
bulbi oculari e ho ordinato il libro più CD “ Amplia la tua visuale periferica
in dieci lezioni”. La seconda cosa è smetterla di fare con mio figlio le gare a
chi storpia meglio in modo sconcio le canzoni famose. Se state pensando guarda
che padre esemplare, che nobile figura di educatore, che esempio di vita, vi
sbagliate. Non è un soprassalto di dignità educativa, è solo amor proprio. Non
sono più competitivo, ormai. Perdo sempre, mi batte, è diventato più bravo di
me. La terza cosa è smetterla, quando faccio le cotolette impanate, di usare
l’olio frusto e l’uovo avanzato per farmi una frittatina con una tonnellata di
parmigiano. Il gozzo ride, il fegato telefona, “ Cazzo ridi che son tutto
gonfio”. Chi sa da quale canzone è tratta questa frase riceverà in premio il
racconto di una mia allucinazione colesteroide in cui sentivo l’aorta che si
irrigidiva e si trasformava lentamente in un disco da hockey. Quest’ultima
frase è di nuovo una citazione, stavolta letteraria e non musicale, e chi ne
conosce l’autore riceverà una frittata unta e grassa. La quarta cosa è smettere
di fare agli automobilisti scorretti gesti che coinvolgono incavo del gomito,
palmo della mano e mignolo, medio e
indice abbinati in vario modo.
No, non ce la faccio. Alla signora, si fa per
dire, col SUV che l’altro giorno mi ha sorpassato in presenza di striscia
continua, mi ha stretto, mi ha inchiodato davanti per infilare l’uscita della
tangenziale, tutto questo telefonando, non potrei mai negare uno svettante dito
medio. No, non posso farcela. E se devo essere sincero con me stesso e con voi,
credo che non riuscirò a fare nessuna delle cose che mi sono ripromesso. Va
bene, ho trovato il buon proposito per quest’anno. Non inizio a drogarmi.
sabato 11 agosto 2012
Maniac
Le chat sono posti come altri, alla fine. Trovi gente ottima e trovi squinternati. Ma uno dei beni più preziosi rimane un bel maniaco come si deve, di quelli con le carte in regola, professionale, che si impegna nel suo porco mestiere. Io, qualche sera fa, ne ho trovato uno e non ho resistito. Ed essendo questo uno spazio politicamente scorretto, non vedo perchè non condividere coi miei lettori il sottile piacere di un incontro con la follia. Signori e signore, vi presento N, un turbine di fantasioso erotismo e raffinata sensualità. Io, sono IO.
[00:43] N
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[00:44] IO
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[01:23] IO
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domenica 5 agosto 2012
Riqualificazione urbana
Riqualificazione urbana, la
chiamano. Tradotto, demolizione di una vecchia fabbrica di fronte a dove
lavoro. Ci sono anche stato dentro anni fa a chiedere il favore di aggiustare
una sedia a rotelle, c’era da piegare un pezzo e serviva una morsa robusta. Gli
operai erano gentilissimi, in tre minuti hanno fatto tutto, e invece il
caporeparto si è incazzato. Ha detto che dovevo passare da lui per queste cose.
Non dico i commenti degli operai quando se ne è andato. Hanno chiuso già da
tempo, stanno ripulendo l’area, pare ci tireranno su delle palazzine. Esco dal
lavoro diretto al parcheggio e sento un rumore diverso da quello delle solite
ruspe. Guardo in alto e un macchinario al quale non so dare un nome sta
letteralmente mordendo il tetto di uno dei capannoni, lo squarcio è già grande.
Mi fermo a guardare mentre la macchina continua. Il tetto è già sparito quasi
tutto, crollato all’interno tra nuvole di polvere. Adesso attacca le pareti,
che si sbriciolano pian piano. Il rumore è assordante, tra motore della
macchina e frastuono dei crolli.
Resto fermo a guardare per un tempo
imprecisato, finché mi rendo conto di una cosa. Sono parte di un piccolo
capannello di persone intente a guardare i lavori. Ci siamo io e due signori
anziani che battezzo come pensionati, di cui uno con bicicletta e uno con nipotino
al seguito. Il bambino guarda a bocca aperta quello che per lui è un enorme
giocattolo, i due signori alternano commenti sull’andamento dei lavori a
ricordi di come era il quartiere. Salto le riflessioni sul pre-pensionamento e mi metto a filosofeggiare pigramente. Sono presenti esponenti di tre generazioni,
ma quello che avrebbe un sacco di altre cose da fare e sta veramente perdendo
tempo quando di tempo non ne ha sono io. E a me, credo che il film fosse
Maccheroni, viene in mente Mastroianni che dice a Jack Lemmon “ Com’è bello
perdere tempo”. Avevo già in mano le chiavi dell’auto, le rimetto in tasca. Guardo uno dei due, che non aspettava altro, e gli dico “ Ma lei ha sempre
abitato da queste parti ? ”
lunedì 9 luglio 2012
Emergency
Suono e aspetto. “ Lei ha suonato
il campanello senza nemmeno guardare l’avviso “, con tono tra arrogante e
seccato. Mi giro e vedo una tizia col
cagnolino al guinzaglio che mi guarda. Mi rigiro perplesso e vedo appeso alla
vetrina un cartello che dice che in caso di emergenza bisogna chiamare il
numero tal dei tali. Da questo punto inizia a salirmi un embolo di incazzatura
pazzesco mentre la tizia sale le scale e comincia ad aprire la porta. Ah, sei
tu la farmacista allora. Avrai anche preso la tua laurea in farmacia ma a
psicologia stai a zero vero ? Brutta testa di cazzo, non ti viene in mente che
se uno sta cercando la farmacia di turno di sera facendosi chilometri di strada
fuori dell’orario di apertura forse è un po’ in agitazione, non particolarmente
lucido, magari va di fretta e a tutto pensa
tranne che al tuo avviso? E a parte questo, maledetta stronza, dove sta scritto
che per venire in farmacia sono obbligato a portarmi il cellulare ? Se fossi
uscito di corsa e non lo avessi con me ? Se sei di turno stai dentro e ti fai
trovare, brutta testa di cazzo (again).
Entro, commenti schifata i farmaci
prescritti dalla guardia medica e me li metti in mano così come sono. Sprecarti
a darmi un sacchettino no, vero ? Esco con un diavolo per capello, salgo in
auto e mentre faccio inversione guardo il tuo negozio per quella che spero sia
l’ultima volta della mia vita. E spero che presto ti aprano quattro farmacie
gestite da gente cortese nel raggio di trecento metri, che liberalizzino la
vendita dei farmaci dal fruttivendolo, dal benzinaio, in edicola e in
tabaccheria e che domani tu possa sbagliarti e dare al sindaco e all’assessore
alla sanità il lassativo più potente che hai invece delle compresse per il mal
di testa.
giovedì 21 giugno 2012
Per me si va nella città dolente
Ho aggiunto un nuovo piccolo capitolo nella mia umana e personalissima
enciclopedia delle cose da fare almeno una volta nella vita. Ed è la seguente.
Stravaccarsi sul divano, nella mattina di un giorno feriale, con un pacco di
biscotti (per chi fosse interessato, nella fattispecie erano frollini Coop ad
imitazione degli Abbracci del Mulino Bianco, ma va bene qualunque tipo di
biscotto mentre sono esclusi dolci al cucchiaio e gelati), e senza lasciarsi
attrarre troppo l’attenzione dalle gambe di Angie “Legs” Dickinson ma
concentrandosi su dialoghi e ambientazione, guardare una puntata di Pepper
Anderson Agente Speciale che affronta lo scottante tema del racket del gioco
d’azzardo. Tralasciare il momento in cui uno dei criminali minaccia un
poliziotto dicendo “ Scommettiamo che se resti qui passerai un guaio ? “ e il
poliziotto replica “Scommettiamo che se vai avanti avrai un bel buco nella
pancia ? “, no, dico, puntata sul gioco d’azzardo e doppia battuta con la
parola scommettiamo, io ti amo alla follia, sceneggiatore.
Invece, prestare spasmodica attenzione al momento clou, in cui Pepper
e il collega per risolvere il caso fanno visita in carcere ad un vecchio boss
mafioso malato di nome Tony o Vito Angelo, giusto un velato accenno di
stereotipia tra suono di mandolini e profumo di pizza, che prima di aiutarli
vuole sapere dal poliziotto, che gli ha svelato di avere lontane origini
italiane, se ricorda cosa c’è scritto sulla porta dell’inferno nella Divina
Commedia. E la cosa meravigliosa è che il tenente (o sergente?) lo sa. Lo sa. Non
tutto, ma conosce a memoria l’inizio del terzo canto. Il tenente o sergente Crowley,
del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, ha letto Dante Alighieri e lo sa. E
glielo recita. E io, con la bocca piena di biscotti e sputazzando briciole che
non so se raccoglierò mai dal tappeto, lo declamo con lui.
venerdì 8 giugno 2012
Cry Baby
Sto guidando in città sotto una pioggerella afosa e
leggera. In sottofondo Janis Joplin. Davvero azzeccato, per una giornata grigia
e triste tra una scossa di terremoto e l’altra. Il tergicristallo è lento e
ipnotico. Vedo il semaforo in distanza attraverso la patina opaca sul
parabrezza. Dovrei lavarli, ogni tanto. Verde, da troppo tempo temo. Giallo.
Maledetto. Non ce la faccio a passare, rallento. Rosso. Uno dei semafori più
lunghi di tutta Europa, credo. Mi adagio rassegnato in prima fila, paraurti
sulla striscia dello stop.
Iniziano a passare i pedoni. Scende dal marciapiedi
una mamma con un passeggino, dentro un bimbetto che avrà un paio d’anni, sotto
la calottina trasparente. Finisce la canzone. Il bambino piange, di un pianto
disperato anche se muto perché ho i finestrini alzati e non lo sento. E nel
momento esatto in cui è precisamente davanti al mio parabrezza, la mamma si
ferma e prova a mettergli il succhiotto in bocca. E dalle casse riparte Janis.
Cry Baby. E il bimbo sputa il succhiotto. Non lo vuole e riprende a urlare. La
madre sconfortata rinuncia e riparte. E per una manciata di secondi, ho nel mio
campo visivo la scena surreale di questo bimbo che piange a squarciagola con le
manine serrate sui braccioli del passeggino e Janis Joplin che lo incita a
piangere. “ … come on and cry, cry baby … “.
Viene verde, riparto prima che dietro cominci il
festival del clacson. In mezzo all’incrocio mi giro appena e con la coda
dell’occhio guardo il passeggino, dove il pupo sta ancora urlando. Non so se è
bagnato, se ha fame, se ha sete, se ha sonno, se lo infastidisce il rumore del
traffico, se vuole le coccole, se sono capricci, non so nulla di nulla, ma sorrido
tra me e me e penso “ … chi se ne frega piccolo, urla urla urla a squarciagola
e fatti sentire …”
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