sabato 20 luglio 2013
Isola Ecologica
Dev'essere genetico, non c'è altra spiegazione. Dove abitavo prima, a dieci minuti da casa c'era una grossa impresa edile che aveva abbandonato fuori dalla sua sede un sacco di materiali inutilizzati, rottami, scarti, giacenze.
Mio figlio maggiore quando gli si
proponeva di andare a giocare al parco si vestiva da bravo, ti dava la manina usciva
e al momento giusto ti guardava, tirava da una parte e diceva col faccino furbo irresistibile “ Andiamo in
discarica ? “. E io, chiamatemi pure padre snaturato, ce lo portavo. E si
divertiva come un pazzo. Mio padre non ha un garage, ha un museo di arte
vintage. Mi chiedo perché non faccia pagare il biglietto per entrarci, il pezzo
di legno del 1967 ha un suo fascino per chi sa coglierlo, per tacere della
scatola di whisky vuota o dei due flessibili da doccia arrugginiti. E per
fortuna quando ho traslocato uno dei garage lo abbiamo venduto, altrimenti il
museo adesso avrebbe due sale e forse lui andrebbe a dormirci dentro. E la
linea genetica tra il nonno con sindrome di accumulo compulsivo e il nipote che
ha passato l’infanzia a giocare tra i rottami trova il baricentro in me.
Devo
fare un altro outing, è giunto il momento di illustrarvi un’altra mia
perversione. Lo ammetto pubblicamente, a me piace andare in discarica. Tanto
per cominciare, la discarica è un mondo vero e informale. Non c’è tempo per le
smancerie, non ci sono convenevoli in discarica, è un mondo efficiente dove
tutti si danno del tu. Ma attenzione, non equivochiamo, sia chiaro che la
discarica non è una democrazia. No, è una monarchia assoluta guidata da Lui,
l’uomo della discarica. Tralascio il mimetismo animale della sua tuta di colore
indefinibile, anche se scommetterei su una origine blu, e del suo cappellino
con visiera sopra la sua barba incolta. La gente probabilmente finisce per
assomigliare ai mestieri che fa, il che fornisce interessanti squarci sul
perché spesso i politici hanno la faccia da culo, i bancari da rapinatori e gli
assicuratori da menagramo. Lui è il Carlo V dei rottami e impera sul suo
territorio frequentato da due tribù. I nomadi, quelli come me, che ogni tanto
migrano col loro carico di rifiuti verso le sue terre cercando temporanea
ospitalità, e gli stanziali, quelli che secondo me in discarica ci vivono in
attesa dell’arrivo di un nomade con qualcosa di interessante. Quando ho portato
un vecchissimo PC, dopo avermi assalito al grido “C’è ancora la RAM ?” credevo che due stanziali si pestassero per
essere i primi a metterci le mani dentro.
Lui tutto vede e tutto può quando
varchi quel cancello. Lui può farti entrare a scaricare anche se stanno
lavorando due ruspe davanti al cancello, semplicemente con un gesto della mano
che ti conduce nella segreta rampa ove pesano i camion. Lui ha la risposta a
ogni domanda. Lui sa tutto. Sa che le gomme sono nell’angolo in fondo a destra
e i metallici proprio davanti all’ingresso. E illumina di saggezza te, umile
saltuario frequentatore del suo regno. Le pile di materiali devono svilupparsi
in altezza, non in larghezza. Credo che il sogno segreto del sommo sacerdote della
discarica sia quello di trasformare ogni diverso ammasso di materiali in una
sorta di altare che si eleva svettando il più possibile verso il cielo per
onorare il Dio dei rifiuti. Lui detta le regole e tu puoi solo ubbidire. Se
porti erba tagliata dentro sacchi della spazzatura non puoi buttare la plastica
negli sfalci, i comandamenti della discarica lo vietano. Nessuno oserebbe mai
compiere un gesto così sacrilego. E il rifiuto multiplo va scomposto, plastica
e ferro una volta divenuti rifiuti devono giacere divisi dopo aver convissuto a
lungo nel costituire oggetti utili. La discarica ha un luogo privilegiato per
alcune tipologie. Ci sono rifiuti di serie A e di serie B. Gli inerti fanno una
tristezza infinita, mattoni cocci tegole rotte buttati alla bell’e meglio ed
esposti alle intemperie. I tessili marci e lacerati, poltrone che hanno visto
film orrendi e divani protagonisti di pisolini leggendari e materassi teatro di
spettacolari copule, finiranno la loro vita terrena portando con loro segreti
inconfessabili. Invece i televisori hanno un angolo al coperto, fanno gli snob
e si frequentano solo tra di loro, mentre sull’angolo opposto del capannoncino
ci sono i miei preferiti, i bidoni degli oli esausti. Quasi una piccola
cappella a loro dedicata, dove si recita ogni volta un salmo officiato da Lui.
“ Ho degli oli, mio signore “. “Minerali o vegetali, figliolo ? “. E alla
risposta, un gesto ieratico ti indica il bidone. E con esso, e il suo
contenuto, tu interagisci. Vuoti la tua tanichetta di giallastri residui di
fritti misti gnocco fritto patate fritte, ma con cautela. Ci vuole tempo e
attenzione, perché il rimbalzo dell’olio può avere effetti devastanti.
E il
ribaltamento di ruoli tra materiale deposto e umano deponente che lo accompagna
si completa pensando che c’è una gerarchia tra i rifiuti, come detto, mentre
tra noi umani che frequentiamo vige uguaglianza. Polvere siamo e polvere
ritorneremo. Sì, davanti al rifiuto siamo tutti uguali. Voglio dire, tu
abitante della casa popolare che vieni a buttare in discarica il Telefunken bianco
e nero del 1977 e tu abitante della villa in collina che ti rechi a conferire
alla stazione ecologica il Bang & Olufsen schermo piatto, qui siete uguali.
Tu metalmeccanico e tu ingegnere saluterete i vostri compagni di vita allo
stesso modo e compirete lo stesso gesto nello stesso punto rispettando gli
stessi orari. La discarica ha un’etica. Quando ho portato un vecchio
aspirapolvere dimenticando di togliere l’adattatore di corrente, Lui mi ha
fulminato con lo sguardo e ha emesso il massimo gesto di condanna previsto nel
Suo regno. Il sopracciglio a foresta alzato. Ho chinato il capo contrito,
conscio del mio peccato. Non si butta qualcosa che non è rifiuto e può ancora
avere una vita. Per concludere, discarica è una parola brutta. “Vado in
discarica a buttare via i rifiuti” è una frase orribile, carica di negatività e
cattive vibrazioni. Volete mettere con “Mi reco all’isola ecologica a
differenziare materiale non riutilizzabile” ? Non vi sembra di essere su un
atollo ai Tropici a fare mucchietti separati di bucce di ananas, mango e papaya
? Se Lui mi giura sul cartello degli orari e sulla sbarra di chiusura che non
mi dirà mai “Aloha” sculettando a ritmi hawaiani tipo Josephine Baker con
indosso un gonnellino di banane marce pescate nell’organico, quasi quasi quest’estate
sull’isola ecologica ci vado in vacanza.
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7 commenti:
Questo post per me è stato un'illuminasione....grazie davvero.
Hai reso il mondo della discarica un bellissimo quadro stile hawaiano e mi hai fatto venire la curiosità di vedere davvero cosa si prova. Mi sa che presto ci farò una gita :-) Grazie davvero maestro!!!
ilsoleamezzanotte, non sarò il Tolkien dei rifiuti ma sono onorato di averti introdotta alla misteriosa bellezza e alle segrete gioie della discarica, di quella meravigliosa Terra di Mezzo di cui io sono solo un umile e indegno frequentatore. L'unico a meritare l'appellativo di "Maestro" è Lui.
Concordo, il vero maestro è Tolkien, infatti credo che chiamerò Sam, Frodo, Pipino, Legolas, Merryl e in ottima compagnia andremo ad esplorare questa nuova terra! Come sempre i tuoi post e i tuoi consigli sono illuminanti. Chapeau :-)
Io per sicurezza mi asterrei dal chiamare Lui "tessoro", non si sa mai :-D
Infatti opto per Legolas, è quello che preferisco :-p
Ma l'aspirapolvere era quella lanciata dalla finestra durante uno dei risvegli?
In ogni caso riesci sempre a rendere interessante qualunque cosa, chapeau
Non riuscirai mai a farmi dire quale dei risvegli è quello autobiografico, inutile che ci provi :D
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