Sei partito dall'Africa centrale. Diciamo subsahariana. A casa tua, nel migliore dei casi non hai uno straccio di futuro, nel caso così così si muore di fame, nel caso peggiore ti fanno a pezzi. Non ce la fai più e decidi di scappare. Direzione Europa. In mezzo però c'è il deserto. Ti fai la tua bella traversata del deserto e arrivi, diciamo, in Libia. Magari ti fai anche qualche mese in un campo di detenzione libico, dove l'ospitalità non è esattamente a quattro stelle e la simpatia del personale lascia a desiderare. Finalmente trovi il barcone che ti carica, dai allo scafista tutto quel che non ti hanno ancora fregato di quel che avevi che avevi messo da parte e via in mezzo al Mediterraneo. Carburante scarso, ammassati uni sugli altri, una carretta che cade a pezzi. Se non ti hanno già ammazzato il deserto, la fame, la sete, i libici, gli scafisti, sei ancora vivo e stai su un catorcio alla deriva o già galleggiando in acqua.
domenica 7 maggio 2017
Cara Ti Amo
Siete padroni di non crederci, ma questo lo avevo già scritto prima di vedere la puntata di Crozza. Quindi, lo metto lo stesso.
Sei partito dall'Africa centrale. Diciamo subsahariana. A casa tua, nel migliore dei casi non hai uno straccio di futuro, nel caso così così si muore di fame, nel caso peggiore ti fanno a pezzi. Non ce la fai più e decidi di scappare. Direzione Europa. In mezzo però c'è il deserto. Ti fai la tua bella traversata del deserto e arrivi, diciamo, in Libia. Magari ti fai anche qualche mese in un campo di detenzione libico, dove l'ospitalità non è esattamente a quattro stelle e la simpatia del personale lascia a desiderare. Finalmente trovi il barcone che ti carica, dai allo scafista tutto quel che non ti hanno ancora fregato di quel che avevi che avevi messo da parte e via in mezzo al Mediterraneo. Carburante scarso, ammassati uni sugli altri, una carretta che cade a pezzi. Se non ti hanno già ammazzato il deserto, la fame, la sete, i libici, gli scafisti, sei ancora vivo e stai su un catorcio alla deriva o già galleggiando in acqua.
Sei partito dall'Africa centrale. Diciamo subsahariana. A casa tua, nel migliore dei casi non hai uno straccio di futuro, nel caso così così si muore di fame, nel caso peggiore ti fanno a pezzi. Non ce la fai più e decidi di scappare. Direzione Europa. In mezzo però c'è il deserto. Ti fai la tua bella traversata del deserto e arrivi, diciamo, in Libia. Magari ti fai anche qualche mese in un campo di detenzione libico, dove l'ospitalità non è esattamente a quattro stelle e la simpatia del personale lascia a desiderare. Finalmente trovi il barcone che ti carica, dai allo scafista tutto quel che non ti hanno ancora fregato di quel che avevi che avevi messo da parte e via in mezzo al Mediterraneo. Carburante scarso, ammassati uni sugli altri, una carretta che cade a pezzi. Se non ti hanno già ammazzato il deserto, la fame, la sete, i libici, gli scafisti, sei ancora vivo e stai su un catorcio alla deriva o già galleggiando in acqua.
Ti raccoglie una imbarcazione. Marina italiana, ONG, Frontex, Guardia Costiera, un mercantile finlandese, un pedalò di Riccione fuori rotta, chi se ne frega. Quando non sai nuotare e sei aggrappato a un pezzo di legno con altri tre disperati, ti frega davvero molto poco di chi ti raccoglie. Ti portano da qualche parte in Italia. Un Centro Accoglienza Richiedenti Asilo. CARA. Che bel nome, dolce. Lì, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Camorra, 'ndrangheta, mafia nigeriana. Sì, perché anche i tuoi compatrioti non sono poi tutti stinchi di santo. Sfruttamento nei campi, prostituzione. Da un futuro di merda a un altro. Vabbè, ti sdrai sulla brandina che ti hanno assegnato e dici tra te e te che sei sopravvissuto a cose inimmaginabili e che peggio di così non può andare, che cercherai solidarietà da qualche altro disperato come te che dorme lì dentro. Guardi meglio, e chiedi a che ora parte il primo barcone per tornare indietro.
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